Questo post non ha la pretesa di essere una descrizione tecnica di quello che è successo a partire dall'11 Marzo (che trovate qui), ma una descrizione semplificata di quello che è successo in base alle informazioni che sono state diffuse.
I fatti prima del terremoto
L'arcipelago del Giappone produce energia elettrica per circa il 30% del suo fabbisogno attraverso reattori nucleari a fissione (domande e risposte). La situazione della flotta nucleare giapponese è ben descritta dalla cartina qui a fianco dove oltre a vedere la localizzazione di tutti i siti nucleari potete anche farvi un'idea di quanti reattori sono attualmente (prima dell'11 marzo) in funzione (quadratini) con i loro 48 gigawatt di potenza elettrica, quelli in costruzione (triangoli), quelli programmati (cerchi) e quelli in fase di disattivazione (crocette). I vari colori rappresentano le tecnologie di questi reattori: rosso per i reattori ad acqua pressurizzata (PWR), in giallo i PWR avanzati, in verde i reattori ad acqua bollente (BWR) e in blu i BWR avanzati. Tutti e sei i reattori in attività della centrale di Fukushima sono del tipo BWR, sono stati costruiti a cavallo tra gli anni 60 e 70 e hanno raggiunto la prima criticità negli anni 70.
Pochi concetti base per capire cosa è successo
Un reattore nucleare produce energia elettrica facendo scaldare dell'acqua che diventa vapore e fa girare una turbina. Il calore necessario per far scaldare l'acqua deriva dalla reazione nucleare di fissione a catena, ovvero dal fatto che quando colpito da un neutrone un atomo di uranio si spacca in due pezzi più piccoli emettendo altri neutroni e una buona quantità di energia. I neutroni in più fanno rompere altri atomi di uranio così da tenere sempre accesa la reazione. Per interrompere la reazione si inseriscono delle barre di controllo tra gli elementi combustibili in modo da catturare i neutroni.
Il combustibile è fatto da pastiglie di diossido di uranio (in alcuni casi miscelato a plutonio) arricchito in una certa percentuale dell'isotopo 235 dell'uranio. Queste pastiglie (pellets in termine tecnico) vengono impilate in barre realizzate in una lega di zirconio (zircaloy) che è piuttosto resistente agli stress termici e meccanici e praticamente trasparente al flusso di neutroni. Questo è il primo livello di protezione e separa il combustibile con i prodotti della fissione che sono radioattivi dal resto del mondo.
Potete trovare i nomi corrispondenti ai vari numeri cliccando su questo link. |
C'è un terzo livello di protezione che è dato dal contenimento principale (PCV in sigla e primary containment vessel in gergo). Questo è diviso in due parti, una asciutta (dry-well) e una invece che contiene una grande quantità d'acqua (wet-well). Lo scopo di questo contenimento è di isolare completamente l'RPV in caso di incidente con eventuale fusione del nocciolo. E' realizzato in acciaio e rinforzato in cemento armato.
L'ultimo livello di protezione è dato dall'edificio del reattore. Questo è una semplice costruzione industriale e serve per proteggere dalla intemperie e dagli agenti esterni tutti i servizi del reattore, le tubature, le valvole e così via.
Le prime ore dell'incidente
L'11 Marzo alle 14:46 ora del Giappone, una delle più violenti scosse di terremoto mai registrate dall'uomo fa tremare tutta la parte nord orientale del Giappone, mandando in black out gran parte di questa regione. I sistemi di sicurezza dei reattori, misurata l'intensità del sisma mandano in spegnimento automatico di emergenza (SCRAM) ben 14 reattori (li vedete rappresentati su quest'altra cartina). Spegnere un reattore nucleare significa interrompere la reazione di fissione a catena che sta producendo energia, ma c'è una certa potenza residua che deriva dal calore prodotto dal decadimento degli elementi radioattivi contenuti nel combustibile nucleare. Per dirla con parole semplici, arrestare un reattore non è come spegnere un forno che non appena spento comincia a raffreddarsi. Quando la reazione a catena viene interrotta, il combustibile continua a produrre calore, a ritmi molto più bassi di quelli normali, ma continua a scaldare. Giusto per darvi un numero, qualche istante dopo lo spegnimento, un reattore tipo quelli di Fukushima continua a produrre circa 100 MW di potenza termica e dopo un anno avrà ancora una potenza residua di qualche megawatt (ulteriori dettagli per i più tecnici).
E' proprio a causa di questo calore di decadimento che i reattori devono essere raffreddati continuamente anche quando sono spenti, perché altrimenti l'acqua contenuta si scalderebbe troppo, evaporerebbe e le barre di combustibili continuerebbero a riscaldarsi fino a fondersi.
I reattori di Fukushima hanno bisogno di sistemi di raffreddamento di emergenza per il nocciolo che funzionano utilizzando corrente elettrica da fonti esterne o anche generatori diesel. A causa del black-out generalizzato, sono dovuti entrare in funzione i generatori a gasolio. A questo punto la situazione era già un'emergenza, ma ancora non era drammatica perché i sistemi di emergenza stavano facendo il loro dovere.
Circa un'ora dopo il terremoto, alle 15:41, arriva uno tsunami la cui altezza è superiore a quella massima per cui la centrale era stata progettata. L'acqua inonda i generatori d'emergenza e la centrale resta in assoluto black-out. Solo uno dei sistemi di emergenza sopravvive (dettagli), ma non può girare in eterno, restano solo una decina di ore circa prima che la situazione vada verso un incidente grave, ovvero quello che i tecnici chiamano un LOCA (loss of cooling accident).
A questo punto l'acqua all'interno del nocciolo continua a scaldarsi e a evaporare lasciando sempre più scoperte le barre di combustibile. La temperatura continua a salire e di pari passo la pressione all'interno dell'RPV. Quando la temperatura delle barre supera i 1200 gradi allora lo zirconio inizia a reagire (ossidazione) con il vapore acqueo producendo idrogeno e rovinandosi. Se lo zircaloy si fessura o buca, dalle barre cominciano ad uscire tutti i prodotti di fissione radioattivi che sono allo stato gassoso come i gas nobili e quelli che hanno un'alta probabilità di sublimare come lo iodio. La pressione in eccesso nell'RPV va a sfogarsi prima nella wet well (la struttura circolare a forma di ciambella sul fondo) e da lì va a finire nella parte secca del contenimento come rappresentato in figura. Quando la pressione nel PCV è stata troppo alta (ha raggiunto circa il doppio del suo limite di disegno) i tecnici della TEPCO hanno provveduto a ventilare, ovvero hanno aperto una valvola che permette di scaricare parte del gas dal PCV al piano tecnico (quello più alto) dell'edificio del reattore.
Ricordiamo che questo gas contiene una frazione non trascurabile di idrogeno che è un gas infiammabile ed esplosivo. Quando la concentrazione dell'idrogeno è diventata troppo alta, si è scatenata l'esplosione che ha provocato la distruzione dell'edificio del reattore, ovvero la parte più esterna e meno indispensabile e rilasciando in ambiente tutta la quantità di gas radioattivi che si era accumulata al suo interno.
L'esplosione che ha colpito il reattore 2 ha avuto uno sviluppo e possibilmente un'origine differente. Anziché svilupparsi all'ultimo piano dell'edificio, ha colpito la wet-well probabilmente danneggiandola e provocando la fuoriuscita di grandi quantità di acqua contaminata e un forte rilascio di radioattività come potete anche vedere da questo grafico con l'andamento temporale della dose misurata nel perimetro della centrale.
Il reattore 4 era spento al momento del terremoto / tsunami. Tutto il combustibile era stato spostato nella piscina del combustibile esausto, ovvero una vasca di circa 15 m x 15 m x 15 m dove le barre fortemente radioattive a causa del loro contenuto di prodotti di fissione viene lasciato raffreddare prima di essere trasportato in altro deposito (ulteriori dettagli). Nei reattori di Fukushima questa vasca è esterna al PCV e protetta solamente dall'edificio esterno del reattore. La copertura del reattore 4 è stata distrutta da un incendio accaduto all'ultimo piano di questo edificio (probabilmente a causa di un corto circuito) e anche da un'altra esplosione di idrogeno generato dalla reazione di ossidazione dello zirconio che compone il rivestimento delle barre di combustibile esauste. L'acqua delle piscine deve essere continuamente raffreddata perché altrimenti a causa del calore sprigionato dalle barre, questa evapora lasciando le barre scoperte e molto più sensibili ad un loro danneggiamento. Verosimilmente il livello dell'acqua è sceso fino a lasciare scoperta almeno la sommità delle barre che hanno cominciato a scaldarsi e a ossidarsi a causa della presenza di vapore. Di fatto le piscine per il combustibile esausto sono un punto di particolare preoccupazione perché a differenza del combustibile contenuto nei noccioli non c'è nessuna protezione verso l'ambiente esterno.
Le prime misure di emergenza
A seguito di questi fatti, TEPCO ha dovuto mettere in pratica misure di emergenza per sopperire al problema principale: la mancanza di raffreddamento. Si sono utilizzati più o meno tutti i mezzi a disposizione: dal lancio di acqua con gli elicotteri alle autopompe dei pompieri. Si è poi giunti ad una soluzione più stabile in cui l'acqua di raffreddamento, acqua di mare prima e acqua dolce poi, è stata iniettata nell'RPV utilizzando autopompe e pompe di emergenza. Invece il livello d'acqua nelle piscine per il combustibile esausto viene continuamente ristabilito buttando acqua con le auto-gru per le gettate di cemento (vedi foto a fianco).
Le conseguenze di queste operazioni sono state principalmente due: la prima è che il sale contenuto nell'acqua di mare potrebbe aver incrostato, danneggiato e corroso alcune parti interne del reattore. Potrebbe persino aver creato dei blocchi tra una barra e l'altra del combustibile impedendone il buon raffreddamento. In effetti l'utilizzo dell'acqua di mare è considerata come ultima spiaggia nel disperato tentativo di raffreddare il nocciolo. La seconda è che specialmente per il reattore 2 dove c'è una probabilità piuttosto elevata di una perdita nel contenimento (wet-well), molta acqua è venuta in contatto con il combustibile nucleare, portandosi via parecchi prodotti di fissione e andando ad infiltrarsi un po' ovunque inclusa una galleria tecnica che a causa di una crepa era in comunicazione diretta con l'oceano antistante (dettagli).
La roadmap per uscire dall'emergenza
Serve un piano per uscire da questa fase critica dell'emergenza tenendo ben presente che l'obiettivo principale è quello di stabilizzare i reattori, mitigare le emissioni di sostanze radioattive e quindi di permettere il ritorno alla normalità degli abitanti della zona evacuata. Il piano proposto da TEPCO in data 17 aprile è ben descritto nell'immagine qui sotto:
Come vedete il piano si articola in tre grandi aree: il raffreddamento, l'attenuazione delle emissioni e il monitoraggio radiologico e la decontaminazione ambientale. Per ognuna di queste aree si prevedono azioni in due passi: il primo da attuarsi nell'immediato, diciamo da oggi per i prossimi 3 mesi, e il secondo invece al termine del primo per i successivi 6 mesi. La previsione è quindi di uscire dalla fase critica dell'emergenza entro i prossimi 9 mesi, ma non mi stupirei se ci fosse qualche ritardo e che slittasse ad un anno. Dopo di che inizierà la fase lunga della rimozione di tutto il combustibile esausto, di quello contenuto nei noccioli, della disattivazione degli impianti e che potrebbe tranquillamente durare una decina di anni.
Ma torniamo alla roadmap e cominciamo ad analizzare la prima area, ovvero quella relativa al raffreddamento. Questa si divide in due parti: il raffreddamento dei noccioli dei reattori dall'1 al 3 e quello delle vasche per gli esausti dei reattori dall'1 al 4.
Per il raffreddamento dei reattori, il primo passo prevede:
- Iniettare azoto nel PCV dei reattori in modo da rendere inerte l'atmosfera ed evitare ulteriori esplosioni dovute all'accumulo di idrogeno e ossigeno.
- Aumentare il flusso dell'acqua iniettata e lasciar riempire oltre al RPV anche il PCV (allagamento del contenimento)
- Installare uno scambiatore di calore esterno in modo da poter far circolare sempre la stessa acqua raffreddata utilizzando altra acqua non contaminata in modo da ridurre la quantità di rifiuti liquidi prodotti.
Per il raffreddamento delle piscine è necessario migliorare l'efficacia dei sistemi di iniezione, evitare di buttare troppa acqua contaminata in giro, tenere il livello sempre alto e di conseguenza la temperatura bassa per diminuire l'evaporazione che inevitabilmente porta via anche sostanze radioattive che vengono disperse in ambiente. Nel caso del reattore 4, sarà forse necessario provvedere con l'installazione di supporti e rinforzi per la struttura e cercare di chiudere eventuali falle presenti nella vasca che causano perdita di liquidi contaminati.
Per quanto riguarda la diminuzione delle emissioni, anche questa macro area è suddivisa in due più piccole: la prima riguarda l'acqua contaminata accumulata che potrebbe riversarsi in mare e la seconda la dispersione in aria e nel terreno di polveri contaminate. Abbiamo già visto che i sotterranei e le gallerie tecniche sono piene d'acqua altamente contaminata. La grossa perdita che portava quest'acqua a scaricarsi direttamente in mare è stata otturata, ma bisogna mettere al sicuro quest'acqua al più presto per evitare che raggiunga il mare dal sottosuolo o ancora peggio la falda acquifera. A tal proposito TEPCO ha già installato un sistema di pompaggio in grado di trasferire quest'acqua verso alcune cisterne, ma serve una soluzione più a lungo termine come l'installazione di nuovi impianti di stoccaggio e di purificazione/decontaminazione. In questo modo, la stessa acqua potrebbe essere anche riutilizzata per il raffreddamento dei reattori.
Per le emissioni che potrebbero contaminare il suolo e l'aria, il piano prevede innanzitutto la rimozione delle macerie radioattive generate dalle esplosioni e la loro messa in sicurezza, poi lo spargimento di una resina indurente (dettagli) che impedisce ai contaminanti volatili di essere trasportati in giro dal vento e dalla pioggia. In un secondo momento, si punterà a ricoprire i reattori con una sorta di tessuto in modo da imprigionare all'interno tutti i contaminanti volatili.
La terza area riguarda il monitoraggio radiologico e la decontaminazione. Il monitoraggio è ovviamente già cominciato e non riguarda solo la radioattività ambientale, ma la deposizione, la contaminazione superficiale del terreno, la presenza di radio-isotopi nella catena alimentare e nell'acqua potabile. Questo monitoraggio deve essere intensificato e verrà portato avanti per lungo tempo anche al termine della fase critica dell'emergenza. Basti pensare che a 25 anni di distanza dall'incidente di Chernobyl, i funghi che arrivano in Italia dall'est europeo vengono ancora controllati per la presenza di cesio radioattivo. A Fukushima, l'area della centrale è monitorata da TEPCO, mentre la zona circostante, il mare, il resto del Giappone sono monitorati da una flotta di istituti, a partire dalle università, agli enti del ministero della scienza e di quello della salute, dalle forze di polizie agli istituti scolastici, dalle basi militari americane al DOE, senza dimenticare l'agenzia ONU per l'energia atomica. Per quanto riguarda il resto del mondo, esistono dati raccolti e messi disponibili quasi in tempo reale per gli USA e per l'Europa e persino la Commissione per l'abolizione dei test nucleari sta monitorando l'evolversi della situazione. La decontaminazione sarà un processo ancora più lungo e difficile. Per esempio in alcune aree sarà necessaria la rimozione di alcuni centimetri di terreno come è già in corso di attuazione in alcune scuole della prefettura di Fukushima dove il livello di radioattività aveva superato i limiti stabiliti per le attività all'aperto.
E se qualcosa andasse storto?
TEPCO ha preparato un piano, inclusi i piani B in caso che qualcosa non andasse proprio come previsto, ma ci sono tante cose che possono andare storte. Purtroppo con le informazioni in nostro possesso non è possibile fare delle previsioni se non guardando attraverso una sfera di cristallo, che non abbiamo. Possiamo solo elencare un certo numero di punti critici che possono essere più problematici da sistemare e cercare di valutare quali possano essere le conseguenze.
Se l'allagamento dei reattori fallisse?
Sulla via verso il cold shutdown ci sono un paio di punti critici, il primo riguarda l'allagamento del PCV, ovvero del contenimento primario del reattore. Questa operazione è già attualmente in corso nel reattore 1 e sembra (al momento in cui scriviamo) stia avendo un discreto successo. La preoccupazione più grande è legata alla tenuta strutturale del contenimento che non è stato progettato per essere appesantito da tutto quel volume di acqua, specie se sottoposto ad altre sollecitazioni sismiche. Potrebbero esserci delle perdite, o dalla struttura o più probabilmente dalle tubazioni a causa della corrosione dell'acqua di mare. In tal caso l'allagamento deve essere sospeso, e tutta l'acqua deve essere recuperata e decontaminata prima di inquinare il mare, la terra e la falda.
Se non si riuscisse a chiudere la perdita del reattore 2?
Per il reattore 2, a complicare la faccenda, c'è molto probabilmente una falla nella wet-well. Questa deve essere chiusa prima di poter immaginare di inondare il PCV perché già adesso sta creando grossi problemi con le ingenti perdite di acqua radioattiva. Tappare questo buco non sarà per nulla facile a causa dell'elevatissimo livello di radiazioni che escludono quasi completamente la possibilità di un intervento umano. Prima bisogna trovare il buco, poi bisogna chiuderlo ermeticamente e il tutto deve essere fatto con i robot che abbiamo visto in azione in questi giorni. Se non ci si riuscisse, bisognerà pensare ad un sistema per recuperare l'acqua che fuoriesce, filtrarla, magari decontaminarla parzialmente e rimetterla in circolo. A quel punto varrebbe forse la pena di proteggere la falda sotterranea e il mare in modo da non inquinarli ulteriormente.
Se la piscina del reattore 4 dovesse cedere?
Sappiamo che quella piscina è messa piuttosto male a causa sia del terremoto sia dell'esplosione. Tanto è vero che la roadmap prevede di installare dei rinforzi per proteggerla, ma se questi non dovessero bastare o non arrivassero in tempo, la situazione sarebbe parecchio grave perché senza acqua le barre si danneggerebbero velocemente e a cielo aperto. In quel caso bisognerà provvedere subito ad una copertura con calcestruzzo e subito dopo a rinforzare lo strato di protezione al di sotto. Di sicuro ci sarebbe un ulteriore importante rilascio di radioattività in atmosfera.
Se si perdesse il controllo di un reattore, quale sarebbe il destino degli altri?
A seconda della gravità della perdita di controllo di uno dei reattori, potrebbe rendersi necessaria l'evacuazione completa e permanente della centrale. A quel punto la situazione per gli altri reattori tenderebbe a diventare sempre più critica e si dovrebbe ricorrere presto ad una copertura con un sarcofago a quattro o a sei piazze.
bel lavoro toto
RispondiEliminasi! si! si! bravo toto
RispondiEliminawouahhhhhh:-) grande toto!!!!
RispondiEliminaEccellente post.
RispondiEliminaUnico lab per me è un appuntamento fisso, fukushima o non fukushima. Mi piace il modo di rapportarsi agli argomenti e l'approccio generale, rigoroso ma pacato.
Bravi.
Ottimo articolo, i miei complimenti.
RispondiEliminaUna sola domanda in merito all'affermazione "A quel punto la situazione per gli altri reattori tenderebbe a diventare sempre più critica e si dovrebbe ricorrere presto ad una copertura con un sarcofago a sei piazze", fatta proprio in fondo all'articolo.
Come mai sei piazze? I reattori 5 e 6 sono tranquillamente in cold shutdown, ed in piu' sono parecchio separati, almeno un centinaio di metri a nord dei 4 reattori danneggiati. O il numero "sei" si riferisce ad altro?
Cordiali saluti,
Luca Bertagnolio
Concordo: articolo eccellente. Io continuo a capire sempre meno come sia possibile che tutto questo rappresenti un vantaggio rispetto a una valanga di cemento piombato; a prescindere dai dubbi sul metodo per calcolare i rischi e i danni per la popolazione, che sono più che dubbi, non riesco a capacitarmi di come il raffreddamento con acqua abbondantemente dispersa in condizioni tanto problematiche possa far uscire meno isotopi e radiazioni rispetto a colate e/o sarcofagi. Anche l'inquinamento delle falde mi sembra difficilmente più preoccupante anche se non bastassero le basi e non si riuscisse a far solette come a Chernobyl.
RispondiEliminaPerò capisco che non sia una questione economica: costerebbe molto meno. Dunque vorrà dire che questa strategia fa meno danni di una fusione schermata nel modo più spesso e insormontabile possibile (roba che però mi fa o farebbe dubitare, se così grave, che le strategie di contenimento in caso di fusione per i reattori di terza generazione siano anche solo vagamente accettabili). Perché l'alternativa sarebbe atroce. Vorrebbe dire che mandano parecchia gente a rischiare moltissimo non per salvare più gente, ma per l'effetto mediatico.
Eminentissimo collega, complimenti per l'eccellente lavoro!
RispondiEliminaGrazie Alessandro!
RispondiElimina@lucaberta, hai ragione potrebbe essere a 4 o a 6 piazze. La scelta, ripeto che al momento si tratta di una possibilità nel caso le cose dovessero precipitare, dipenderà da quanto grave sarà la situazione. Un reattore in cold-shutdown significa che è stabilmente raffreddato, ma non può essere abbandonato al suo destino per sempre, servono ispezioni periodiche per verificare che tutto stia funzionando, sostituzione di parti che vanno ad usurarsi e così via e cosa ancora più importante la messa in sicurezza del combustibile irraggiato contenuto nel nocciolo e nelle piscine.
efraim, lasciare andare tutto e coprire con un sarcofago alla Chernobyl è una soluzione da ultimissima spiaggia. Se fosse così facile e sicura, allora si progetterebbero le centrali con il loro bel sarcofago tutto intorno (anche sotto) e arrivati alla fine, si spegnerebbe l'interruttore e si va via.
Non credo si tratti di una questione economica e l'esposizione del personale ci sarebbe comunque anche costruendo un sarcofago che fra 25 anni necessita di essere sostituito con un altro.
stefano, grazie!
Buongiorno a tutti, e' la prima volta che scrivo, ma vi ho seguito sin da subito, da quando un amica dopo l'incidente mi ha passato il vostro link. Complimenti per lavoro svolto. Le parole in questi casi sono sempre poche. Io vivo a Tokyo, non posso espormi, ma anche se non vi conosco, spero che continuiate a renderci sempre partecipe sulla situazione in quanto qui a Tokyo non se ne parla piu'. Nei grossi supermercati hanno tolto le scritte relative alla provienienza dei prodotti alimentari, dicendoci che ormai l'emergenza e' finita. Grazie di vero cuore e spero che la situazione migliori per tutti. Grazie grazie grazie.
RispondiEliminaCiao Anonimo 10, grazie a te per il tuo contributo.
RispondiEliminaPer quanto riguarda la situazione della contaminazione alimentare, che sicuramente è quella che fa più paura. Sicuramente avrai anche tu ricevuto comunicazione dall'ambasciata di consultare il sito del ministero della salute (inglese). Credo che sia stato un periodo di festa/vacanza in Giappone in questi ultimi giorni e le traduzioni in inglese non sono particolarmente aggiornate, ma probabilmente in lingua originale sono sono più fresche.
Se tu hai la fortuna di capire il Giapponese e trovi notizie e informazioni importanti non esitare a segnalarcele.
Siamo contenti che tu ed altri stiate trovando queste informazioni utili. E' un lavoro piuttosto faticoso, raccogliere, vagliare, mettere insieme notizie differenti e confrontarle, ma sapendo che ci sono persone che le ritengono utili, ci da una spinta per continuare.
Un abbraccio a te e a tutti voi che state vivendo questa situazione così da vicino! Speriamo che tutto vada per il meglio