L'incidente alla centrale di Fukushima ha sicuramente ingenerato ansie e paure tra la popolazione giapponese e in particolare per i villaggi evacuati sarà anche una rivoluzione culturale avendo forzatamente dovuto abbandonare le proprie radici per essere trapiantati da qualche altra parte. Un'altra istituzione culturale giapponese ha rischiato di essere intaccata dalla radioattività: stiamo parlando del tè come rito e momento di condivisione.
Ma quanto sono contaminate queste foglie di tè e quanto lo è la bevanda tanto cara ai Giapponesi? In una recente conferenza tenutasi a Como, il nostro SM (LeNA, Pavia) è stato invitato a tenere una lezione circa l'entità della contaminazione della bevanda, di come la radioattività si trasferisce dalle foglie al liquido e di quale impatto possa avere questa sorgente di contaminazione sulla dose totale in un Giapponese. Lo abbiamo contattato e lui gentilmente ci ha permesso di ripubblicare qui il suo intervento accompagnandolo con le righe seguenti.
Nei mesi scorsi a Pavia, avendo a disposizione un campione di tè verde giapponese proveniente dalla prefettura di Shizuoka, anno di produzione 2011, acquistato in un supermercato di Tokyo da un turista, abbiamo deciso di fare un po' di misure di radioattività. In particolare con la memoria alle esperienze di misura e ritiro dal mercato del tè turco in conseguenza dell'incidente di Chernobyl, abbiamo voluto indagare:
Si è colta poi l'occasione di mettere qualche puntino sulle i su come le misure radiometriche sul tè venivano condotte sia in Giappone sia in Europa, a partire da un episodio che giudico estremamente negativo riportato dalla stampa in Europa.
In quella occasione prevalsero i rigidi sistemi di applicazione non ragionata di limiti e le autorità francesi, forse anche per dimostrare la loro prontezza di intervento a tutela della popolazione francese, commisero un errore perché quella partita di prezioso tè di Shizuoka era in realtà perfettamente sotto i limiti, bastava applicare quelli giusti!
Nei primi mesi del 2011 le misure provenienti dal Giappone mancavano spesso dell'informazione se le foglie fossero fresche o già essiccate e la cosa è di rilievo in quanto la rimozione dell'acqua causa una diminuzione di peso di circa l'80% e un conseguente incremento della concentrazione di radioattività di un fattore 4-5, fino a 7 in taluni casi. Stesso problema per i funghi dove si arriva anche ad un fattore 10.
In questo nostro lavoro si forniscono degi elementi utili perché ciascuno di voi si faccia una opinione propria su come sono andate le cose, a partire da un resoconto delle misure di tè sulle 2 prefetture in cui si produce tanto tè e più colpite dalle ricadute di Cesio (Saitama e Shizuoka) facendo notare come la quasi totalità di campioni positivi ai controlli fossero campioni di foglie essiccate.
Si fa poi notare come le raccomandazioni della Codex Alimentarius (FAO) indichino di testare la radioattività direttamente nella bevanda pronta al consumo e non nelle foglie tali e quali e quale sia la differenza in termini di contenuto di radioattività e come in questo modo anche il campione distrutto dai francesi avesse un contenuto di 20 Bq/kg a fronte di un limite per bevande di 200 Bq/kg, ben dieci volte sotto i limiti pur restrittivi allora in vigore in Europa.
Preparare il tè in modo standard è facile perché è disponibile una guida ISO fatta apposta per competizioni di tè dal punto di vista delle proprietà organolettiche. Usiamo ciò che abbiamo a disposizione!
I risultati del nostro lavoro dicono che appena il 40% della radioattivià contenuta nelle foglie viene effettivamente ingerita dai consumatori e che anche a fronte di abitudini alimentari in cui il tè è una bevanda quotidiana, le dosi efficaci impegnate annue sono trascurabili. In letteratura, in riferimento al tè turco di Chernobyl (evento accaduto a foglie già sviluppate a differenza di Fukushima) si misurarono rese di estrazione del 60%, un po' più alte forse perché quel tè fu vittima anche di fallout (radioattività captata direttamente dalle foglie e non solo dalle radici) e perché si avevano valori medi attorno a 30000-50000 Bq/kg, 100 volte maggiori che non in Giappone. E' storicamente presente anche un terzo parametro di confronto sulle rese di estrazione, ed è un ottimistico 10% rilanciato da una società di consumatori di tè in Inghilterra e ripreso durante la crisi nucleare di Fukushima dal ministro dell'agricoltura giapponese. Questi numeri fanno capire come sia ancora necessario continuare a investigare e misurare per poter disporre di informazioni più solide. Nondimeno si capisce come l'uso di queste rese sia di necessaria implementazione anche nelle valutazioni di rischio.
L'unica difficoltà, in merito al tè giapponese, sono i livelli così bassi di radioattività da rendere estremamente difficili, se non impossibili, queste indagini.
Rifiutarsi di voler fare controlli come accadde l'anno scorso tra produttori di tè a Shizuoka non va bene, non aiuta a costruire la fiducia dei consumatori nella sicurezza alimentare. D'altronde neanche un approccio sbagliato da parte delle autorità di controllo produce buoni risultati. Cambiare i limiti durante una emergenza e soprattutto sbagliare ad usarli non costituiscono una buona risposta all'emergenza stessa.
Basta parlare, spazio alla presentazione (in inglese perché il convegno era internazionale) e alle vostre domande e commenti!!
- il contenuto totale di radioattività nel prodotto tale e quale (foglie secche)
- il rapporto tra cesi radioattivi come impronta digitale dell'evento di Fukushima Dai-chi
- la eventuale disomogeneità del campione per appurare eventuali miscelazioni illecite con lo scopo di diluire il contenuto di radioattività
- la resa di estrazione del cesio durante la preparazione della bevanda, cioè quanta radioattività passa dalle foglie alla bevanda di tè secondo una normale preparazione del prodotto. Vale la pena di ricordare che le foglie di tè usate, con il loro contenuto residuale di radioattività, sono destinate ai rifiuti urbani e non all'ingestione da parte dei consumatori
Si è colta poi l'occasione di mettere qualche puntino sulle i su come le misure radiometriche sul tè venivano condotte sia in Giappone sia in Europa, a partire da un episodio che giudico estremamente negativo riportato dalla stampa in Europa.
In quella occasione prevalsero i rigidi sistemi di applicazione non ragionata di limiti e le autorità francesi, forse anche per dimostrare la loro prontezza di intervento a tutela della popolazione francese, commisero un errore perché quella partita di prezioso tè di Shizuoka era in realtà perfettamente sotto i limiti, bastava applicare quelli giusti!
Nei primi mesi del 2011 le misure provenienti dal Giappone mancavano spesso dell'informazione se le foglie fossero fresche o già essiccate e la cosa è di rilievo in quanto la rimozione dell'acqua causa una diminuzione di peso di circa l'80% e un conseguente incremento della concentrazione di radioattività di un fattore 4-5, fino a 7 in taluni casi. Stesso problema per i funghi dove si arriva anche ad un fattore 10.
In questo nostro lavoro si forniscono degi elementi utili perché ciascuno di voi si faccia una opinione propria su come sono andate le cose, a partire da un resoconto delle misure di tè sulle 2 prefetture in cui si produce tanto tè e più colpite dalle ricadute di Cesio (Saitama e Shizuoka) facendo notare come la quasi totalità di campioni positivi ai controlli fossero campioni di foglie essiccate.
Si fa poi notare come le raccomandazioni della Codex Alimentarius (FAO) indichino di testare la radioattività direttamente nella bevanda pronta al consumo e non nelle foglie tali e quali e quale sia la differenza in termini di contenuto di radioattività e come in questo modo anche il campione distrutto dai francesi avesse un contenuto di 20 Bq/kg a fronte di un limite per bevande di 200 Bq/kg, ben dieci volte sotto i limiti pur restrittivi allora in vigore in Europa.
Preparare il tè in modo standard è facile perché è disponibile una guida ISO fatta apposta per competizioni di tè dal punto di vista delle proprietà organolettiche. Usiamo ciò che abbiamo a disposizione!
I risultati del nostro lavoro dicono che appena il 40% della radioattivià contenuta nelle foglie viene effettivamente ingerita dai consumatori e che anche a fronte di abitudini alimentari in cui il tè è una bevanda quotidiana, le dosi efficaci impegnate annue sono trascurabili. In letteratura, in riferimento al tè turco di Chernobyl (evento accaduto a foglie già sviluppate a differenza di Fukushima) si misurarono rese di estrazione del 60%, un po' più alte forse perché quel tè fu vittima anche di fallout (radioattività captata direttamente dalle foglie e non solo dalle radici) e perché si avevano valori medi attorno a 30000-50000 Bq/kg, 100 volte maggiori che non in Giappone. E' storicamente presente anche un terzo parametro di confronto sulle rese di estrazione, ed è un ottimistico 10% rilanciato da una società di consumatori di tè in Inghilterra e ripreso durante la crisi nucleare di Fukushima dal ministro dell'agricoltura giapponese. Questi numeri fanno capire come sia ancora necessario continuare a investigare e misurare per poter disporre di informazioni più solide. Nondimeno si capisce come l'uso di queste rese sia di necessaria implementazione anche nelle valutazioni di rischio.
L'unica difficoltà, in merito al tè giapponese, sono i livelli così bassi di radioattività da rendere estremamente difficili, se non impossibili, queste indagini.
Rifiutarsi di voler fare controlli come accadde l'anno scorso tra produttori di tè a Shizuoka non va bene, non aiuta a costruire la fiducia dei consumatori nella sicurezza alimentare. D'altronde neanche un approccio sbagliato da parte delle autorità di controllo produce buoni risultati. Cambiare i limiti durante una emergenza e soprattutto sbagliare ad usarli non costituiscono una buona risposta all'emergenza stessa.
Basta parlare, spazio alla presentazione (in inglese perché il convegno era internazionale) e alle vostre domande e commenti!!