Lo svantaggio di questi pile è che sono generalmente piuttosto ingombranti e il radioisotopo d'elezione, il plutonio-238, con i suoi 80 anni di tempo di dimezzamento, deve essere prodotto sulla terra nei reattori.
Un approccio alternativo è quello di sfruttare l'effetto betavoltaico. Nei pannelli solari si sfrutta l'effetto fotovoltaico, ovvero i fotoni - le particelle elementari di luce - interagendo con un particolare materiale cristallino producono una certa quantità di carica elettrica. L'effetto betavoltaico è simile, tranne che al posto di usare i fotoni, si utilizzano degli elettroni veloci (che i fisici chiamano particelle beta) prodotte in alcune tipologie di decadimento radioattivo.
Il trizio, l'isotopo dell'idrogeno con due neutroni, è proprio uno di questi beta emittori. L'elettrone emesso è di energia molto bassa, talmente bassa da essere difficilmente rivelabile, ma in grado di produrre energia attraverso l'effetto betavoltaico. Il trizio esiste in natura, anche se per nulla abbondante e viene prodotto come materiale di scarto nell'acqua dei reattori nucleari. Una delle applicazioni più comuni, a parte quelle biologiche come radio-tracciatore, è in alcune particolari segnalazioni d'emergenza (quei cartelli che si tingono di verdognolo quando sono al buio) e nelle torce d'emergenza. E così, il City Labs, un'azienda con sede in Florida, ha messo a punto NanoTritium, la prima batteria vera e propria, non un semplice prototipo, in grado di fornire corrente elettrica per equipaggiamenti ultra critici per almeno vent'anni e in condizioni di lavoro assolutamente estreme. Le prestazioni di questa batteria non sono eccelse in termini elettrici: disponibile in tre differenti voltaggi (0.8, 1.6 e 2.4) riesce ad erogare una corrente massima compresa tra 50 e 350 nanoAmpere. Il fatto che ci sia una così alta variabilità del valore massimo è sintomo di un processo produttivo che non ha ancora raggiunto il massimo dell'affidabilità.
E' difficile comparare questi 350 nA con le prestazioni di una normale batteria alcalina o una di quelle ricaricabili. Infatti per una normale batteria il parametro importante è la "capacità" ovvero la quantità di carica elettrica immagazzinata che in genere si aggira intorno ai 1000 mAh (notate che è una corrente moltiplicata per il tempo). In parole povere, se con quella pila volete alimentare un dispositivo che consuma 10 mA, avrete 100 ore di autonomia. La capacità della NanoTritium - stando a quello che ci dicono i produttori - è di oltre 60 mila mAh, ma il limite sono proprio questi soli 350 nA che di fatto permettono di alimentare solo pochi circuiti elettronici, a meno di mettere in parallelo tante celle.
Al momento il prezzo si aggira intorno ai mille dollari per batteria e il laboratorio ha garantito di essere in grado di assemblarne fino a mille in un anno. Il giorno in cui non dovrò più ricaricare il telefonino è ancora lontano, ma potrebbe arrivare quando sarò ancora in questo mondo!