Permettetemi di catapultarmi indietro nel tempo di qualche anno... diciamo una ventina d'anni. A darmene l'occasione è stato un amico/lettore che mi ha raccontato di essere stato allo stadio a vedere una partita di baseball e a me, come nei film, è partito il flash back. Ero al liceo, dovrei dire eravamo al liceo perché a quell'età si fa tutto in gruppo o "compagnia" come si diceva. Prima lezione di educazione fisica dell'anno, l'insegnante, lo stesso dell'anno precedente e che quindi già ci conosceva, ci fa schierare tutti nella palestra nuova e lui passeggia avanti e indietro aspettando il momento giusto per parlare. Quando arriva, si ferma, si gira verso di noi e dice: "Voi c'avete due fortune: 'a prima è che la scuola ha comprato il materiale per il baseball e la seconda è che io [pausa] conosco il baseball". Detta così non fa ridere, ma se ci aggiungete un forte accento napoletano, il fatto che nella parola baseball ci mettesse almeno due o tre esse e provate ad immaginare la sua gestualità nell'atmosfera che aveva creato, allora sembra l'incipit di un film comico demenziale con il compianto Leslie Nielsen.
A quel punto ci indica alle sue spalle tutta l'attrezzatura: una montagna di mazze e guantoni, qualche palla e soprattutto lui, il batting tee, o come lo pronunciava lui: il battingting. Questo è una pedana con un palo verticale di altezza regolabile sul quale è possibile appoggiare la palla e allenarsi nello swing. Lo prende, lo posiziona sul parquet in fondo alla palestra, gli mette sopra una palla e impugnata una mazza ci da la dimostrazione di come lo si dovrebbe usare. Se non fosse che colpisce troppo in basso e la palla rimane praticamente ferma mentre il batting tee viene sparato via. Si giustifica dicendo: "Sta robba non vale un cazz, ecco come dovete fare...". Raccoglie la pallina, la lancia verticalmente e poi uno swing violentissimo che per nostra fortuna manca l'impatto. Ripete un secondo tentativo, poi un terzo, un quarto e quando qualche sorrisino comincia a serpeggiare tra i nostri sguardi, lui esclama: "Frighi, tieni provaci tu". Me lo ricordo ancora: la testa piena di capelli rossicci, una tuta nera con le bande gialle fluo che adesso andrebbe molto di moda, prende la palla, impugna una mazza e boom... una battuta da fuori campo assicurato. Non contento, prende una seconda palla, lancia e questa volta al botto è accompagnata anche una parte della mazza che si è letteralmente spezzata in due. E il prof. "Questo è quelle che succede quando la scuola compra materiale del cazz. Pecché io sono non mica qua a vendere fumo". La seconda parte della frase, a distanza di anni, resta ancora un mistero.
Risultato. Quasi un intero anno scolastico passato tra lanci e battute, ball e strikes, un numero estremamente limitato di valide e praticamente nessun punto. Però furono davvero due fortune, la prima che nonostante sia italiano ho una vaga idea di come sia il meraviglioso gioco del baseball (cit. Faso), la seconda che queste scene spassose periodicamente mi tornano alla memoria con il loro bagaglio di buon umore. Chissà, magari qualcuno della compagnia, passerà di qua a farsi qualche risata!
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1 giugno 2012
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