Alzi la mano chi non ha mai sentito parlare di datazione al radiocarbonio. Si tratta di una tecnica concettualmente semplice, ma allo stesso tempo piuttosto precisa per scoprire quando un certo composto organico ha smesso di vivere. Permettetemi una brevissima parentesi per spiegare meglio: prendiamo per esempio una pianta, questa si nutre prendendo elementi dalla terra e dall'atmosfera, tra cui anche carbonio. Quando il ciclo vitale della pianta finisce, finirà anche il processo di assorbimento che porta minerali dall'ambiente alla pianta. Fino a qui è tutto chiaro.
Il carbonio in natura si presenta con 2 isotopi stabili, rispettivamente con 12 e 13 particelle nel nucleo, ma nonostante la sua vita relativamente breve comparata all'ere geologiche, è possibile trovare anche il carbonio 14, che è radioattivo e che appunto si dimezza ogni 5700 anni circa. Questo isotopo del carbonio viene costantemente prodotto nell'atmosfera terrestre a causa dell'interazione di neutroni energetici provenienti dallo spazio che colpiscono un atomo di azoto-14 trasformandolo appunto in carbonio-14. Durante la fase vitale della nostra pianta, ci sono due fenomeni: l'assorbimento di nuovo C-14 dall'ambiente e il decadimento radioattivo di questo e di tutto quello accumulato in precedenza. In generale, però, visto che la vita di una pianta è sempre molto piccola rispetto al tempo di dimezzamento del carbonio (tranne alcune eccezioni), questo secondo processo è poco influente e comincia a farsi sentire solo quando la pianta muore e non assorbe più carbonio fresco.
Ma è veramente così costante il tasso di produzione di carbonio 14? Gli scienziati hanno osservato la quantità di carbonio-14 contenuta nei vari anelli di accrescimento delle piante, notando che in genere da un anno con l'altro le variazioni sono frazioni del per mille. Ho detto in genere, perché recentemente un gruppo di scienziati giapponesi (Nature) ha trovato un'anomalia piuttosto misteriosa con un aumento della concentrazione di C-14 di circa 1.2% rispetto all'anno precedente come vedete nel grafico di sinistra qui a lato. L'effetto è talmente forte da restare evidente anche se si prendono medie decennali di concentrazioni di radiocarbonio. Il mistero non è tanto l'aumento della concentrazione, ma l'origine che lo ha prodotto. I campioni misurati sono gli anelli di due alberi di cedro giapponesi e il periodo incriminato riguarda l'anno 775 dopo Cristo, quindi relativamente antico da escludere cause umane, ma allo stesso tempo relativamente moderno da poter rintracciare altre prove di questo evento.
Dallo spazio
Se è aumentato il livello di radiocarbonio sulla Terra, allora la causa deve provenire dallo spazio. La spiegazione più semplice è quella del ciclo solare, che sappiamo avere una periodicità di 11 anni, ma questo non basta a spiegare un così rapido aumento. Restano due sole possibilità o l'esplosione di una supernova oppure una tempesta solare estremamente intensa. Gli scienziati giapponesi hanno quasi completamente escluso la prima, perché un tale evento sarebbe apparso come una stella visibile anche di giorno, ma non se ne trova traccia negli annali di astronomia. A meno che si sia trattato di una stella visibile solo da qualche parte remota dell'emisfero meridionale e quindi non registrata.
L'altra possibilità è quella di un'eruzione solare molto intensa, alcuni ordini di grandezza più grande di quelle "normali". Questa sarebbe troppo grossa, o meglio, anche se non si può escludere che eruzioni di questo tipo possano avvenire su stelle tipo il nostre Sole, si era convinti che non fossero mai avvenute prima sulla nostra stella. Altri scienziati contestano la stima giapponese di energia coinvolta nella tempesta solare e dicono che in particolari condizioni, un'eruzione fortissima, ma non impossibile, avrebbe potuto essere sufficiente a genere l'effetto sul carbonio-14.
Anche nel caso dei solar flare basterebbe andare a leggere negli annali alla ricerca di aurore boreali molto intense anche a latitudini particolarmente basse. Spulciando tra i testi antichi si trova la storia di un santo, Rombaldo di Mechelen, morto proprio nel 775 e che la tradizione/leggenda dice che la sua tomba fosse indicata da luci nel cielo.
Mistero risolto? Staremo a vedere, di sicuro si possono fare studi su altri isotopi cosmogenici (prodotti da interazioni con i raggi cosmici) e quando ne sapremo di più sul Sole e le tempeste solari, potremo aggiungere altri pezzi a questo intrigante puzzle.
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5 giugno 2012
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