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28 aprile 2008

"Aiutami a fare da solo"

Il 23 febbraio avevo riportato quali sono i fattori fondamentali dell'educazione. Con questo post vorrei approfondirne meglio un aspetto. Compito dell'educazione è quello di "uccidere il Buddha".
Calmi non sono impazzita, di seguito avrete modo di leggere una frase zen che fa brillare il mi ragionamento:

"Se volete scoprire la verità, quando incontrate sulla vostra strada il Buddha, uccidete il Buddha!"

Il bambino (come anche l'adulto) ha bisogno di qualcuno che lo guidi, che gli mostri la strada giusta, ma questo bisogno piano piano dovrà affievolirsi; il bambino dovrà imparare a fare a meno del genitore o dell'insegnante. Con l'andare avanti noi non facciamo altro che divenire ostacoli al completo sviluppo del piccolo...
Per chi non crede alle storie zen, riprendo una frase del Vangelo di Giovanni:

"Conviene che egli cresca e che io diminuisca."

Il concetto è il medesimo.

La meta, l'obiettivo (anche scolasticamente parlando) è quello di rendere liberi, di "aiutare a fare da solo!" Occorre che il bambino ci "uccida", si liberi dal nostro "volerci sostituire a lui". "Aiutami a fare da solo" per Maria Montessori significa: aiutami ad esplorare, a pensare criticamente e ad agire.
Nei primi tre anni di vita il piccino accumula impressioni che gli incentivano la curiosità d'essere autonomo. L'adulto non dovrà dimenticarsi di fornirgli delle regole, ma suo più arduo compito sarà quello di avere fiducia nell' educando. Se invece di responsabilizzarlo, gli impediamo di "sbagliare" diventerà pauroso; occorrerà abituarlo ad affrontare con prudenza le incertezze e le difficoltà.

Insegnarli a fare da solo è l’atto d’amore più grande di cui l’adulto possa dar prova.

Lo stesso vale per noi... sappiamo riconoscere le "guide" nella nostra vita? Un giorno sapremo fare a meno di loro?
Per conoscerci veramente dobbiamo mettere alla prova le nostre capacità, per non dipendere più dagli altri. Attenzione a parer mio, ciò non significa che il lato egocentrico del nostro "Io" debba prendere il sopravvento in noi, ma che piano piano anche noi dobbiamo saper spiccare il volo con le nostre ali, senza paura di imparare a volare .
Vedi: "La gabbianella e il gatto che le insegnò a volare":

-Ho paura -stridette Fortunata.
-Ma vuoi volare vero?- miagolò Zorba.
-Ho paura! Mamma!- stridette Fortunata.
Zorba saltò sulla balaustra che girava attorno al campanile.In basso le auto sembravano insetti dagli occhi brillanti.
-Ora volerai, Fortunata. Respira. Senti la pioggia. E' acqua... Apri le ali - miagolò
Zorba La gabbianella spiegò le ali e il gatto la vide sollevare la testa con gli occhi chiusi.
-La pioggia. L'acqua. Mi piace! - stridette.
-Ora volerai-miagolò
Zorba.
-Ti voglio bene. Sei un gatto molto buono - stridette Fortunata avvicinandosi al bordo della balaustra.
-Ora volerai. Il cielo sarà tutto tuo - miagolò Zorba.
-Non ti dimenticherò mai. - stridette lei già con metà delle zampe fuori dalla balaustra.
-Vola! - miagolò Zorba allungando una zampa e toccandola appena.
Fortunata si allontanava battendo le ali con energia fino a sorvolare le gru del porto, gli alberi,le barche.
-Volo! Zorba! So volare! - strideva euforica dal vasto cielo grigio.
L'umano accarezzò il dorso del gatto.
-Bene, gatto. Ci siamo riusciti - disse sospirando.
-Sì, sull'orlo del baratro ha capito la cosa più importante-miagolò Zorba.
-Ah sì?E cosa ha capito?- chiese l'umano.
-Che vola solo chi osa farlo - miagolò Zorba.

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3 commenti:

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