Bizzarro vero? Avreste mai pensato che un elemento chimico, come l'elio, potesse estinguersi, ovvero sparire dalla faccia della terra? In genere quando si pensa all'estinzione ci si riferisce a creature viventi, animali o piante, ma difficilmente pensiamo che anche cose che non sono vive possono di fatto scomparire.
A rendere maggiormente bizzarra la questione c'è il fatto che l'elio è il secondo elemento per diffusione nell'universo, alle spalle dell'idrogeno che domina questa classifica. Il 24% di tutta la massa dell'universo è composta da elio, quasi tutto prodotto durante i primissimi istanti del Big Bang per poi essere continuamente prodotto, e in parte anche consumato, nel processo di nucleosintesi stellare. Eppure, per lo meno sulla terra, sta diventando un bene prezioso, con le riserve che vanno svuotandosi e ovviamente sempre più caro. E dire che si stima che ogni anno nella crosta terrestre vengono prodotte circa 3000 tonnellate di elio grazie al decadimento alfa dei nuclei pesanti (una particella alfa è infatti un nucleo di elio).
Ma come è possibile?
Come è possibile che il secondo elemento chimico per abbondanza nell'universo se ne stia andando dalla terra? E perché ce ne accorgiamo solo adesso? Se è vero che l'elio è poco diffuso in atmosfera, si parla di alcune parti per milione, è anche vero che sottoterra presenta forti variazioni di concentrazione. In particolare esistono giacimenti di gas naturale che contengono fino al 7% di elio e visto che siamo fortemente interessati all'estrazione del gas fossile per farci combustibili conviene recuperare questa frazione di gas, che oltretutto non brucia affatto, e rispedirla sotto terra nei giacimenti cosiddetti strategici. Il più grande deposito di elio si trova negli Stati Uniti e da lì proviene il 90% dell'elio che utilizziamo quotidianamente, il restante 10% è suddiviso nel mondo con un ruolo sempre più importante per l'Algeria che in un prossimo futuro potrebbe garantire il fabbisogno di elio dell'intera Europa.
Ma a cosa serve?
Abbiamo già detto che non brucia e quindi non può essere usato come combustibile, ma allora a cosa serve a parte che gonfiare i palloncini delle feste dei bambini? Uno dei primi utilizzi dell'elio fu la sostituzione dell'idrogeno in applicazioni aeronautiche nei dirigibili, ma attualmente il suo utilizzo più comune è come liquido criogenico per raffreddare i magneti superconduttori. A primo acchito questi potrebbero non sembrarci così comuni, ma dovete pensare che oltre agli istituti di ricerca, ci sono anche tutti gli ospedali dotati di dispositivi per la risonanza magnetica nucleare che in buona parte utilizzano questa tipologia di magneti.
Il fatto che non brucia lo rende molto utile in applicazioni in cui è necessario rendere inerte l'aria, come per esempio durante alcune fasi del processo di saldatura o per modificare l'atmosfera di alcuni confezioni di alimenti per prolungarne la conservazione e così via.
Insomma, alla fine dell'800 non ne conoscevamo l'esistenza e tutto l'elio se ne stava tranquillo insieme al gas naturale sottoterra, e adesso invece non sappiamo quasi più farne a meno e lo consumiamo in quantità.
Ma perché si consuma?
Consumare potrebbe non essere il verbo adatto. Infatti il gas viene usato e poi disperso nell'atmosfera terrestre. Mi spiego, quando viene riempito il contenitore del magnete superconduttore con elio liquido, il gas inizierà a evaporare (letteralmente bollire) rilasciando elio nell'aria. Non è come per il metano che viene bruciato e quindi effettivamente consumato; l'utilizzo dell'elio di fatto non lo fa scomparire. Ma allora dove va a finire?
Il problema è proprio questo: l'elio scappa! Avete in mente i razzi che portano gli astronauti nello spazio? Per poter lasciare la superficie terrestre, un oggetto deve possedere una velocità minima, detta velocità di fuga, grazie alla quale è in grado di superare la forza di attrazione gravitazionale che lo tiene legato alla terra. La stessa cosa avviene anche per i gas nel cui caso specifico non c'è un motore ma è legato ad una serie di fenomeni, tra cui la temperatura. Infatti ogni secondo la terra perde 50 grammi circa di elio e quasi 3 chili di idrogeno semplicemente perché questi atomi hanno raggiunto una velocità superiore a quella di fuga. Questi 50 grammi al secondo tendono a bilanciare la produzione dovuta al decadimento alfa, senza contare che ci sono altri e altrettanto importanti meccanismi di fuga, per esempio legati alla ionizzazione e al vento solare. Insomma, una volta che l'elio raggiunge l'atmosfera è solo una questione di tempo prima che se ne scappi via nell'universo. Diverso è il destino dell'idrogeno che nonostante sia più leggero, viene abbondantemente prodotto sulla terra da reazioni chimiche e quindi di fatto, anche se se ne perde molto di più, non rimarremo mai senza.
Si può renderlo un gas protetto?
La domanda sorge spontanea: possiamo istituire una sorta di WWF per la conservazione dell'elio? La risposta è ovvia e come al solito si tratta di un mix tra recupero e eliminazione degli sprechi. Il recupero, anche se non banale, non è impossibile. In un certo senso basta raccogliere il vapore di elio dai vari serbatoi criogenici dei magneti superconduttori per fare già un buon lavoro, anzi, questo gas di recupero può venire compresso e liquefatto nuovamente direttamente in loco. Ad incentivare il recupero e la diminuzione degli sprechi, potrebbe giocare un ruolo importante l'aumento del prezzo a patto che non si traduca nel collasso di quegli istituti di ricerca focalizzati su attività criogeniche che vedrebbero sfumare il loro budget in elio. Per questo motivo, recentemente gli Stati Uniti stanno valutando come assicurare la fornitura di elio agli enti di ricerca anche in caso di scarsa disponibilità trasformando i giacimenti del Texas in depositi strategici.
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16 maggio 2012
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