Cerca nel blog

Loading
Visualizzazione post con etichetta punto edu. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta punto edu. Mostra tutti i post

16 ottobre 2008

Anche a Robecchetto nessun buco nero

Altro che buco nero! E' stato un botto... di quelli che non provocano danni ma solo piacere.
...nulla di sconcio, ovviamente.
Ieri sera in sala consiliare si è tenuta la tanto attesa conferenza scientifico-divulgativa durante la quale gli ospiti intervenuti hanno egregiamente dato una risposta ad una delle domande più comuni e curiose delle ultime settimane:
"Perchè non siamo stati inghiottiti dal buco nero del Cern di Ginevra?".

Alla serata hanno partecipato il prof. Massimo Caccia, il dott. Guido Negri (Guidone) ed il dott. Antonio Bulgheroni (Toto), questi ultimi connessi in videoconferenza dalle proprie postazioni remote: Guidone direttamente da una control room del Cern e Toto dall'Università dell'Insubria.
Le esposizioni sono state chiare e coinvolgenti, il pubblico in sala si è trovato rapito dalle magistrali parole degli intervenuti, che hanno saputo suscitare curiosità e domande.
Tra i molti argomenti, il prof. Caccia ha esposto le proprie esperienze svolte a Ginevra nel periodo successivo alla laurea, Guidone e Toto le proprie attività svolte attualmente al Cern. Guidone da ricercatore "stabile ginevrino", Toto da ricercatore "itinerante".

Oggi abbiamo ricevuto molti messaggi ed e-mail di persone che si sono complimentate per lo spettacolo che è stato realizzato. Dico bene: è stato uno spettacolo. Uno spettacolo scientifico e tecnologico. E non poteva essere diversamente con questi ospiti. Ospiti ai quali va il ringraziamento più grande. E' stata divertente la preparazione ed entusiasmante la serata.

Serata che non si sarebbe potuta realizzare così come è stata proposta senza l'inesauribile aiuto del sig. Francesco Galimberti che ha curato l'aspetto audio-video. Non un uomo...di più!

Personalmente spero che questo non rimanga un evento isolato, ma possa essere l'inizio di una serie di serate a carattere divulgativo sui più svariati argomenti di attualità.


28 aprile 2008

"Aiutami a fare da solo"

Il 23 febbraio avevo riportato quali sono i fattori fondamentali dell'educazione. Con questo post vorrei approfondirne meglio un aspetto. Compito dell'educazione è quello di "uccidere il Buddha".
Calmi non sono impazzita, di seguito avrete modo di leggere una frase zen che fa brillare il mi ragionamento:

"Se volete scoprire la verità, quando incontrate sulla vostra strada il Buddha, uccidete il Buddha!"

Il bambino (come anche l'adulto) ha bisogno di qualcuno che lo guidi, che gli mostri la strada giusta, ma questo bisogno piano piano dovrà affievolirsi; il bambino dovrà imparare a fare a meno del genitore o dell'insegnante. Con l'andare avanti noi non facciamo altro che divenire ostacoli al completo sviluppo del piccolo...
Per chi non crede alle storie zen, riprendo una frase del Vangelo di Giovanni:

"Conviene che egli cresca e che io diminuisca."

Il concetto è il medesimo.

La meta, l'obiettivo (anche scolasticamente parlando) è quello di rendere liberi, di "aiutare a fare da solo!" Occorre che il bambino ci "uccida", si liberi dal nostro "volerci sostituire a lui". "Aiutami a fare da solo" per Maria Montessori significa: aiutami ad esplorare, a pensare criticamente e ad agire.
Nei primi tre anni di vita il piccino accumula impressioni che gli incentivano la curiosità d'essere autonomo. L'adulto non dovrà dimenticarsi di fornirgli delle regole, ma suo più arduo compito sarà quello di avere fiducia nell' educando. Se invece di responsabilizzarlo, gli impediamo di "sbagliare" diventerà pauroso; occorrerà abituarlo ad affrontare con prudenza le incertezze e le difficoltà.

Insegnarli a fare da solo è l’atto d’amore più grande di cui l’adulto possa dar prova.

Lo stesso vale per noi... sappiamo riconoscere le "guide" nella nostra vita? Un giorno sapremo fare a meno di loro?
Per conoscerci veramente dobbiamo mettere alla prova le nostre capacità, per non dipendere più dagli altri. Attenzione a parer mio, ciò non significa che il lato egocentrico del nostro "Io" debba prendere il sopravvento in noi, ma che piano piano anche noi dobbiamo saper spiccare il volo con le nostre ali, senza paura di imparare a volare .
Vedi: "La gabbianella e il gatto che le insegnò a volare":

-Ho paura -stridette Fortunata.
-Ma vuoi volare vero?- miagolò Zorba.
-Ho paura! Mamma!- stridette Fortunata.
Zorba saltò sulla balaustra che girava attorno al campanile.In basso le auto sembravano insetti dagli occhi brillanti.
-Ora volerai, Fortunata. Respira. Senti la pioggia. E' acqua... Apri le ali - miagolò
Zorba La gabbianella spiegò le ali e il gatto la vide sollevare la testa con gli occhi chiusi.
-La pioggia. L'acqua. Mi piace! - stridette.
-Ora volerai-miagolò
Zorba.
-Ti voglio bene. Sei un gatto molto buono - stridette Fortunata avvicinandosi al bordo della balaustra.
-Ora volerai. Il cielo sarà tutto tuo - miagolò Zorba.
-Non ti dimenticherò mai. - stridette lei già con metà delle zampe fuori dalla balaustra.
-Vola! - miagolò Zorba allungando una zampa e toccandola appena.
Fortunata si allontanava battendo le ali con energia fino a sorvolare le gru del porto, gli alberi,le barche.
-Volo! Zorba! So volare! - strideva euforica dal vasto cielo grigio.
L'umano accarezzò il dorso del gatto.
-Bene, gatto. Ci siamo riusciti - disse sospirando.
-Sì, sull'orlo del baratro ha capito la cosa più importante-miagolò Zorba.
-Ah sì?E cosa ha capito?- chiese l'umano.
-Che vola solo chi osa farlo - miagolò Zorba.

15 marzo 2008

L'essenziale è invisibile agli occhi

Da oramai due giorni cercavo un argomento che racchiudesse in sè una miriade di sogni da realizzare...un'infinita vivacità e serenità che il solo parlarne potesse far sentire le persone più felici.
I miei ricordi mi hanno subito riportata ad un libro "Il piccolo principe" di Antonie de Saint Exupéry, testo fantastico per i piccoli ed emozionante quanto riflessivo per gli adulti. Un libro che insegna quelle cose che crescendo ci siamo dimenticati.

L'autore con semplicità racconta il mondo degli adulti attraverso gli occhi innocenti di un bambino, descrivendone gli atteggiamenti a volte irragionevoli e inutili. Lo scrittore narra di aver effettuato un atterraggio di fortuna nel deserto del Sahara e il giorno dopo di esser stato svegliato da una voce lieve che gli chiedeva di disegnargli una pecora.
Proviamo ad immedesimarci nell'autore, certo la cosa può sembrare ridicola e sicuramente poco reale, davanti ad un problema così serio ed imminente da risolvere il sentirsi invitati a disegnare una pecora...la prima cosa che ci verrebbe da dire sarebbe:"Ma a cosa mi serve? Non sicuramente per tornare al mio paese?!"; altri direbbero: "Dove posso trovare foglio e matita?".
Antonie no, non si lascia sovrastare da perplessità, ma incomincia a disegnare pecore, che non piacciono però alla fantasia della personcina che gliele aveva richieste. Infine quasi scocciato l'aviatore decide di disegnare una scatola con dei buchi nella quale, dice, si trova la pecora. Il "Piccolo Principe" finalmente è soddisfatto e inizia a raccontare la sua storia...

Vive su un asteroide piccolissimo, possiede una rosa, la SUA rosa, sempre vanitosa che esige tutte le cure più preziose. Un giorno decide di partire, va alla scoperta del mondo, ops dell'....universo. Incontra su vari pianeti molti uomini, ognuno con un sogno, che però, per via di una parte del loro carattere, non può essere realizzato. Finalmente arriva sul pianeta Terra; incontra una volpe, che nonostante sia diffidente con gli uomini, di fronte all'ingenuità del piccolo principe desidera farsi addomesticare, per legarsi veramente a qualcuno, per considerare ed essere considerata unica, non uguale a nessuno.

"Che cosa vuol dire addomesticare?"
" E' una cosa da molto dimenticata. Vuol dire creare dei legami…
, fino ad ora per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno uno dell'altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo. Conoscerò il rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri. Gli altri passi mi faranno nascondere sotto terra. Il tuo, mi farà uscire dalla tana, come una musica. "

Penso che sia una parte toccante del libro; ognuno si può riconoscere come il piccolo principe (l'addomesticatore) o la volpe (l'addomesticato); colui che desidera quell'amicizia, che ne ha bisogno e che umilmente si mostra disponibile, quello che fa di tutto per farsi accettare anche a costo di cambiare un pochino. A momenti alterni se ci riflettiamo siamo entrambi i personaggi. Il legame che hanno instaurato è un'amicizia che penetra nell'essere, che non resta in superficie, tocca i sensi e lo spirito. è un volersi bene, nel volersi bene, per ricercare la felicità, per sentire la felicità, per esplorare il mistero, per vivere il mistero dell'amore. Quando l'amore non è nient'altro che amore...
Prima di andarsene il Piccolo Principe osserva un giardino fiorito di rose, tutte bellissime, che subito lo commuovono perchè gli fanno ricordare la SUA rosa. Ciò però lo rende infelice, credeva infatti che la sua rosa fosse unica. Come per incanto ne comprende l'unicità:

“Voi siete belle, ma siete vuote. Non si può morire per voi. Certamente, un qualsiasi passante crederebbe che la mia rosa vi rassomigli, ma lei, lei sola, è più importante di tutte voi, perché è lei che ho annaffiata. Perché è lei che ho messo sotto la campana di vetro. Perché è lei che ho riparata col paravento. Perché su di lei ho ucciso i bruchi. Perché è lei che ho ascoltato lamentarsi o vantarsi, o anche qualche volta tacere. Perché è la mia rosa.”


Ecco che il Piccolo Principe deve tornare sul suo pianeta, dalla SUA rosa. A volte dobbiamo allontanarci da chi amiamo per capirne l'importanza ed il valore...

Addio", disse il Piccolo Principe.
"Addio", disse la volpe. "Ecco il mio segreto. E' molto semplice: non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi".


Per cogliere ciò che è davvero essenziale occorre raccoglierci in alcuni istanti di silenzio, con un irresistibile desiderio che esso racconti la nostra storia con un sussurro leggero. Istanti per rivivere canzoni che non urlino più nel nostro timpano, ma che risuonino nella nostra mente come frasi magiche.

Questa storia possiede infinite sfaccettature, certo non posso pretendere di conoscerle tutte.... lascio a voi la bellezza di trovarne nuove e più originali.


9 marzo 2008

Noi e i Cesaroni...

Rullo di tamburi... 3... 2... 1... via: I Cesaroni!
Chi sono? Dai non fate quelli che non guardano la televisione o i telefilm solo per fare gli anticonformisti... so che li conoscete almeno quanto me!
Una serie televisiva che sta facendo impazzire milioni di ragazzi e ragazze... che immedesimandosi nei protagonisti vogliono sapere come finirà la storia d'amore tra Eva (Alessandra Mastronardi) e Marco (Matteo Branciamore).

Gli episodi raccontano le vicende quotidiane di una famiglia (non americana!) erroneamente definita allargata, composta da due ex-fidanzati, che dopo una precedente storia si ritrovano, costituendo una nuova famiglia.
Dopo una prima serie trasmessa nel 2006, ora va in onda la seconda e attesissima stagione, trasmessa tutti i venerdì sera su Canale 5.
Giulio Cesaroni (Claudio Amendola) il padre di famiglia, rimasto vedovo con tre figli si innamora della bellissima Lucia (Elena Sofia Ricci) già madre di due ragazze, doni delle prime nozze.
La fiction è ambientata nel quartiere romano della Garbatella, anche se molte scene vengono riprese in altri quartieri.
La sigla della serie t.v., dal titolo "Adesso che ci siete voi" è cantata da Matteo Branciamore; mi duole comunicarvi che l'affascinante interprete è già felicemente fidanzato (e non con me!).

Vabbè torniamo a noi, ho pensato di scrivere questo articolo perché spesso sento parlare di questa come "famiglia allargata", ma in realtà in termini sociologici questo tipo di famiglia è definita "ricostituita". Le famiglie allargate sono quelle che decidono di accogliere al loro interno nonni, zii, cugini o comunque amici stretti.
L' ormai famosissima famiglia Cesaroni è una famiglia ricostituita, in quanto nella casa abitano un padre con i suoi figli e una madre con le sue figlie. Per famiglia ricostituita s'intende quando due persone si legano in un nuovo patto matrimoniale; almeno uno dei due deve averne precedentemente concluso uno (sia in termini di vedovanza che di divorzio).

Nel nostro Paese aumentano le separazioni e i divorzi, alterando il quadro italiano che per molti anni è stato statico. Questo porta sempre più a nuovi modi di vivere insieme, tra cui appunto la famiglia ricostituita. L'introduzione di queste nuove relazioni causano non pochi problemi e rendono molto difficile la vita dei componenti della famiglia. I genitori incontrano difficoltà nel definire il loro ruolo, soprattutto con i figli del partner, l'adattamento di questi ultimi è molto importante, a loro deve essere trasmessa sicurezza. La coppia deve cercare di negoziare ogni cosa per creare un equilibrio all'interno del sistema, dando ad ognuno una buona dose di fiducia.

Sento spesso dire: "Ma perchè non rappresentare una famiglia "nucleare"(standard), senza proporre alle giovani generazioni casi di coppie divorziate?" Sicuramente quest'ultima è una realtà sempre più presente nella nostra quotidianità, di cui non possiamo non parlare...
Lascio a voi commentare e se volete sentire la canzone della sigla...




26 febbraio 2008

A proposito di SanRemo: la musica e … il bambino!

Quando ero piccola la mia cantante preferita era Cristina D’avena, ascoltavo cantastorie (comprese di ninna nanne) tutte le sere prima di addormentarmi, e cantavo a squarciagola tutte le sigle dei miei cartoni preferiti. In più mio fratello mi registrava canzoni quali:

Fra martino…Carletto…Nella vecchia fattoria…Viva la pappa… (con il tempo su di me questa ha avuto troppo successo)... 44 gatti…e molti altri.

La mia passione per la musica non si è fermata a queste prime avvisaglie, ma con la prima elementare decisi di frequentare i corsi che la banda olgiatese proponeva ai bambini… e via con il solfeggio. In più partecipavo al coro dei piccoli “La Fontanella” che animava la S.Messa domenicale delle ore 9.00, che ogni tanto ci faceva sentire più famosi dandoci l’opportunità di riproporre i canti dello Zecchino d’Oro al teatro Aurora sempre di Olgiate. Purtroppo la mia passione non è stata sufficiente per proseguire su questa strada (dopo aver imparato o quasi, a suonare il clarinetto, decisi di abbandonare).

La musica per i bambini, anche piccolissimi e addirittura per quelli ancora nel grembo materno, è molto importante; anche i bambini che non hanno ancora visto la luce riescono a sentire cosa succede “fuori”, sentono la musica e riescono a manifestare attraverso piccoli movimenti o forti calci le loro preferenze.

Per i bambini delle scuole dell’infanzia i Campi d’esperienza, redatti nel 1991, mettono chiaramente in evidenza un campo nel quale far rientrare la musica: messaggi, forme e media.
Come finalità abbiamo:

  • capacità di usare tecniche e materiali diversi per esprimersi, comunicare, rappresentare; capacità di utilizzare modelli espressivi non stereotipati;
  • capacità di realizzare giochi simbolici, drammatizzazioni, mimo;
  • capacità di riconoscere suoni e rumori;
  • capacità di acquistare una sensibilità musicale;
  • capacità di assumere gradualmente un atteggiamento critico nei confronti di messaggi.

Per quanto riguarda la didattica musicale preposta per le scuole primarie abbiamo veri e propri progetti, inseriti in tutti i “Piani di offerte formative” (POF) delle diverse scuole italiane.
Gli obiettivi sono i seguenti:

  • Riconoscere suoni e rumori (per iniziare ci si può servire dei versi di animali);
  • Capacità ritmica gestuale, piccole “danze”;
  • Memorizzazione di filastrocche ;
  • Tecniche dì ascolto;
  • Canto (soprattutto canti popolari);
  • Lettura dei segni musicali (disegnare la musica, il pentagramma);
  • Suonare uno strumento;
  • Storia della musica;
  • Riconoscere i primi strumenti;
  • Musica nel mondo: far conoscere usi e costumi di vari popoli;
  • Musica e teatro.

Per quanto riguarda l'ascolto non si intende solo l'ascoltare la musica a livello uditivo e superficiale, ma riuscire ad acquisire dei criteri e delle abitudini che permettano di capire, inventare gesti, grafici, azioni “musicali”.
Una modalità di approccio al giorno d’oggi molto diffusa è la Musicoterapia (molto utile in caso di disabilità) che permette di apprendere e percepire la musica come un gioco, legata al movimento e alla corporeità, acquisendo la capacità di gestire le scansioni spazio-temporali.
Spesso in queste forme di gioco si usa la palla come vero strumento sensibile.

Alcuni suggerimenti:

  1. Insegnare la musica: leggere, scrivere ed a eseguire la musica, attraverso l'animazione (far imparare le note musicali e tutto ciò che può essere considerato suono). Non solo, insegnare musica significa anche attivare nel bambino la creatività con l'improvvisazione e la libera espressione.
  1. Educare alla musica: significa far capire il linguaggio, i ritmi, il tempo, la melodia, l'armonia, facendo apprezzare tutti gli elementi della musica per quello che sono, cercando di creare un senso critico, educando l'orecchio. Questa educazione aiuta tantissimo la socializzazione, per superare particolari situazioni di egocentrismo o di emotività.

Come apprendere la musica?

L’essere umano apprende la musica allo stesso modo in cui apprende il linguaggio.
Proviamo a pensare a quando abbiamo imparato a parlare, i nostri genitori hanno sempre comunicato con noi fin dalla nostra nascita, anche se non potevamo rispondergli. Hanno sempre usato un tono di voce espressivo e variato, e non si sono mai preoccupati di dire parole a noi sconosciute o frasi complesse. Successivamente hanno incoraggiato i nostri tentativi di improvvisare, senza doverci mai spiegare le strutture sintattiche e grammaticali della lingua.
Ancora oggi si pensa che l’essere intonati o “avere orecchio” sia una dote congenita. È vero, esistono delle differenze attitudinali, individuali alla nascita, ma non è quello che per esempio ci rende intonati. Tutto avviene nei primi anni di vita. I bambini hanno bisogno di sentire degli adulti che cantano, che si muovono e che interagiscono con i piccoli suoni che loro emettono.
La musica proposta deve essere variata, per la prima infanzia si possono proporre canti anche senza parole.

25 febbraio 2008

Pedagogia perduta?



Il sapere pedagogico è innanzitutto un sapere critico, che osserva il suo oggetto: "soggetto". L'uomo non può essere ridotto ad un oggetto scientifico.
Socrate ha studiato il perchè l'uomo è in un certo modo ed è arrivato alla conclusione che ognuno è unico e irripetibile. Per Platone l'uomo che nasce viene dal mondo delle idee e vivendo sulla terra non fa che riconoscere le cose che ha già visto là da dove è venuto.
Compito dell'educatore e quindi dell'educazione, è quello di sollecitare ciò che il piccolo ha già in sé in potenza e che deve portare all'atto, in divenire; dare forma a ciò che il bambino già possiede. Infatti il termine EDUCARE deriva da E-DUCERE, cioè trar fuori, tirar fuori.
L'educazione è sempre un evento di interazione in modo particolare tra l'adulto e il bambino, ma anche tra i coetanei stessi.
Sono partita dal pensiero socratico perchè questione cruciale della pedagogia è: che cos'è la persona umana? Una visione fondamentale ci viene proposta da Cartesio "Cogito ergo- sum". Successivamente con Kant si è sollevata anche la questione educativa della persona umana. Secondo Hegel la persona è in poche parole "essere"; unità che però si distingue dagli altri. L'uomo è essere pensante, è razionalità e spiritualità, dotato di logos. Contro l'idealismo di Hegel, Kierkegaard rivendica il bisogno dell'uomo di cercare nella fede il senso dell'esistenza, la sua ricerca parte dal senso di infelicità e di angoscia in cui l'uomo "solo" si ritrova.
L'essere umano possiede la caratteristica di essere educabile; oggi purtroppo però spesso, l'educazione dell'intera persona si riduce alla semplice istruzione.
L'educazione deve partire da due concetti chiari. l'uomo è unità e alterità.
Unità significa sintesi di anima e corpo, siamo una cosa sola; alterità indica invece l'importanza che gli "altri" assumo nella nostra vita, un esempio l'abbiamo subito con il neonato, il quale cerca il volto della mamma.
Cercando di ridurre un po' il problema istituzionale, riconosciamo quattro fini educativi: l'autonomia, la responsabilità, la cultura e l'apprendimento ( che si riferiscono a quattro principi, l'"uno", il "vero", il "bello" e il "bene").
Questi obiettivi che ci proponiamo ci aiutano a capire che l'uomo è artefice della sua educazione, come già avevo tentato di esporre nel post precedente. L'educazione ha come scopo principale quello di portare l'uomo a conoscere se stesso e formare la sua personalità (ad una prossima volta la differenza tra persona e personalità).
La pedagogia oggi riflette su i fini educativi ( o meglio scolastici) e in generale sui problemi educativi che concernano il mondo, l'esistenza. Nella nostra società la pedagogia sembra "perduta", ma mai come ora deve rivendicare la sua importanza!

23 febbraio 2008

I fattori fondamentali dell'educazione

I fattori fondamentali dell’educazione sono tre: il bambino, l’adulto e l’ambiente.

Il bambino è il protagonista dell’educazione; il processo di crescita e di sviluppo parte proprio da lui, non dall’adulto. Come quando si pianta un seme, è appunto dal suo interno che spunta la pianta.
L’ educazione è essenziale quando ciò che si sta cr
eando non si è ancora formato e definito, come quando il contadino dopo aver seminato deve proteggere il seme da eventuali pericoli.
Il momento creativo è il più misterioso: ciò che sarà non è ancora, ma condiziona tutto l’essere futuro.
Il fatto più straordinario che caratterizza tutta l’ educazione è il senso del futuro, è l’avvenire del bambino quando sarà uomo. La soc
ietà di domani, come si usa spesso dire, non sarà fatta dagli uomini di domani, ma si sta già costruendo nei bambini di oggi: “Il bambino è il padre dell’uomo”; è l’uomo che deriva dal bambino, il quale con le sue energie porta a compimento la scintilla creativa e vitale che ha dentro di sé.
I bambini di una volta sono diversi da quelli del giorno d’oggi, è vero, ma la nostra attenzione si deve comunque rivolgere ad essi. Sono loro che ci svelano
il segreto dell’infanzia, il punto da cui partire per migliorare l’umanità.
Il piccolo è il centro della sua educazione, è lui che cresce, che costruisce, che crea.
Libertà e autonomia sono i due obiettivi per la costruzione dell’identità, che consentiranno al bambino di gestirsi il proprio tempo, di muoversi nell’ambiente che lo circonda, appropriandosi delle proprie esperienze e degli spazi.
Ogni bambino è diverso da un altro, è bene quindi formulare un progetto individuale, perché ognuno è unico e irripetibile nella sua originalità. È innanzitutto persona, avente precisi diritti, perciò un essere umano da rispettare, anche se a volte il potere che pensiamo di avere ci fa credere che debba solo essere lui a rispettare noi adulti.

L’adulto ha il compito di osservare il bambino, perché l’intervento educativo parte dai bisogni di quest’ultimo. “Per osservare non basta avere i sensi e non basta avere una conoscenza: è un’attitudine che bisogna sviluppare con l’esercizio.La qualità d’osservazione include in sé altre qualità, come la pazienza e l’umiltà. Chi è impaziente non sa dare il valore giusto alle cose, ma apprezza solo i suoi impulsi e le sue soddisfazioni. Osservare il bambino sotto ogni punti di vista è vederlo vivere, riconoscendolo come persona. Per educare bisogna saper aspettare pazientemente ogni minimo passo dei piccoli, rispettando i loro ritmi di sviluppo e la loro personale individualità. L’educazione in questo senso è un processo di adattamento dell’adulto rispetto al minore.
Virtù quali la pazienza e l’umiltà sono del resto proprie dello scienziato, osservatore, vie necessarie per raggiungere la verità. Come lo scienziato, l’educatore non deve avere preconcetti, pronto a rinnegare l’ultima formula trovata e passo per passo, prova per prova si purifica dall’errore. Giungerà alla conoscenza grazie alle qualità sopracitate, ma per acquisire tali virtù, la sua preparazione deve assurgere ad un livello “spirituale”, in quanto deve osservare la vita interiore dell’uomo.
L’adulto deve stare molto attento a non soffocare il bimbo con aiuti inutili, sostituendosi a lui, ma dovrà lasciarlo libero di sbagliare. Nella nostra società spesso ci troviamo di fronte a infinite possibilità, a moltissime scelte, tutte spesso attraenti e questo ci porta a smarrirci, a non riconoscere più un punto di riferimento reale che sappia orientarci nel momento del bisogno. Ai bambini occorre fornire forti valori ai quali appoggiarsi, ma devono essere abituati anche ad operare scelte, cominciando dalle loro stesse attività.
Il fanciullo, con la sua sensibilità e con il suo senso di giustizia, coglie che cosa desideriamo da lui, ma spesso verifica anche che noi, al contrario, non eseguiamo i compiti attesi, vede che pretendiamo da lui cose che non facciamo neppure noi. Ciò non è grave, purché siamo pronti a riconoscere le nostre mancanze insieme a lui. Dobbiamo tornare ad essere semplici, negando il nostro senso di onnipotenza.

L’ambiente si fa elemento essenziale dell’educazione inteso come adeguamento dello stesso nei riguardi dei periodi di vita che il bambino sta attraversando. Per rendere possibile al soggetto questo adattamento, bisogna che l’educatore s’ impegni ad offrirgli un ambiente ordinato, preparato e ricco di stimoli. Questa “casa” sarà per lui il contesto vitale e necessario per sviluppare tutte le sue facoltà, il luogo per favorire l’autonomo “fare”, che da sicurezza e allo stesso tempo libertà.
Infatti anche il piccolo potrà partecipare al mantenimento dell’ordine dell’ambiente, (un posto per ogni cosa ed ogni cosa al suo posto). L’educando si appellerà all’ Aiutami a fare da solo”, definendo il suo rapporto libero con l’adulto, il quale lo porterà a esplorare e pensare con criticità
L’ambiente deve possedere importanti caratteristiche: suscitare curiosità e interesse, soddisfare la sete di conoscenza, essere funzionale e flessibile, ma non dovrò avere solo valenze fisiche, dovrà soprattutto possedere valori umani, principi per i quali vivere, con i quali realizzare la vita.


17 febbraio 2008

Come la matita!



Quando si parla di educazione non debbono emergere solo problematiche, ma soprattutto le finalità che, attraverso questo forte strumento, vogliamo raggiungere! Un giorno ho trovato una storia che mi ha illuminato il cammino...! Nella sua semplicità racconta quali debbano essere le qualità da acquisire e da tramettere! Questi per me sono gli obiettivi che una sana educazione si deve proporre. Vi lascio alla lettura....


Il bambino guardava la nonna scrivere una lettera.

A un certo punto chiese: "Stai scrivendo una storia su di noi? E' per caso una storia su di me?"

La nonna smise di scrivere, sorrise e disse al nipote:

"In effetti, sto scrivendo di te, tuttavia, più importante delle parole, è la matita che sto usando. Mi piacerebbe che tu fossi come lei, quando sarai grande."

Il bimbo osservò la matita incuriosito e non vide niente di speciale.

"Ma è identica a tutte le altre matite che ho visto in vita mia!"

"Tutto dipende dal modo in cui guardi le cose.

Ci sono cinque qualità in essa che, se tu riuscirai a mantenere, faranno sempre di te un uomo in pace col mondo.

Prima qualità: tu puoi fare grandi cose, ma non devi mai dimenticare che esiste una Mano che guida i tuoi passi. Questa mano noi la chiamiamo Dio e lui ti dovrà sempre indirizzare verso la Sua volontà.

Seconda qualità: di quando in quando io devo interrompere ciò che sto scrivendo e usare il temperino. Questo fa sì che la matita soffra un poco, ma alla fine essa sarà più affilata. Pertanto sappi sopportare un po’ di dolore, perchè ciò ti renderà una persona migliore.

Terza qualità: la matita ci permette sempre di usare una gomma per cancellare gli sbagli. Capisci che correggere qualcosa che abbiamo fatto non è necessariamente un male, ma qualcosa di fondamentale per mantenerci sulla retta via.

Quarta qualità: ciò che è davvero importante nella matita non è il legno o la forma esteriore, ma la grafite che è all'interno. Dunque, fai sempre attenzione a quello che succede dentro di te.

Infine, la quinta qualità della matita: lascia sempre un segno. Ugualmente, sappi che tutto ciò che farai nella vita lascerà tracce e cerca di essere conscio di ogni singola azione".

Vediamo innanzitutto come l'uomo ha in sé molti limiti, non è perfetto, è sulla terra per volere di Dio, per compiere ciò per cui Lui lo ha mandato.
Notiamo quanto è importante far accettare, fin da bambini, anche le sofferenze che la vita spesso ci pone, affrontarle con grinta, senza paura!
L'umiltà di ammettere d'aver sbagliato, di aver fatto degli errori, non aver paura di farne degli altri, ma essere pronti in qualsiasi momento a rimediare ad essi...e con coraggio andare avanti!
Dare maggiore importanza alla nostra interiorità, la bellezza fisica, senza nulla togliere alla sua importanza, ma col tempo può svanire, mentre rimarrà sempre ciò che c'è dentro di noi, ciò che siamo noi!
Essere autonomi e capaci di scegliere la strada giusta da seguire, sapendo che saremo apprezzati e ricordati per ciò che faremo.

Cinque qualità che allo stesso tempo ne sottendono molte altre...
Potrei andare avanti, ma lascio a voi questo compito.


16 febbraio 2008

Per incominciare...




Tutti noi siamo stati bambini... forse ci sembra ormai un' età distante, lontana e irripetibile!
è proprio di questo che voglio parlare nel mio primo blog! Come sarebbe bello se tutti, almeno per un attimo, chiudessimo gli occhi e cercassimo di ricordare la nostra infanzia. Il primo sentimento che osplode dentro me è la nostalgia di un passato che, per fortuna o per sfortuna che sia, non tornerà più. I primi ricordi che possiedo sono di quando, piccola, rubavo gli unici giochini di mio fratello e con i dentini gli rompevo tutti i tasti; quando frequentavo con entusiasmo la scuola materna e tentavo tutti i giorni di colorare con dei pennarelli "finiti" spesso riciclati dalle maestre, quando mia nonna provava a venirmi a prendere, ma immancabilmente all'"asilo" io non c'ero più, perchè mio fratello con i miei cugini facevano la "furbata" (che costava cara alla mia nonna) di venirmi a prendere di nascosto da dietro la scuola, passando dalla reta della palestra confinante. Non riesco ancora a capire come le maestre non si accorgessero di niente! Delle elementari ho due ricordi, che mi hanno turbato la felicissima infanzia: il mio primo amore, naturalmente non corrisposto, lo fissavo per ore sui banchi e che emozione quando la maestra lo faceva sedere vicino a me. Il secondo molto più scottante: un mio compagno si era fatto la pipì addosso e la maestra indovinate dove ha messo le sue mani??? Si lì, per asciugarlo con un fazzoletto. Ho ricordi innumerevoli, invece, che non riguardano la scuola, ma i pomeriggi intensi e pieni di spontanee e creativie attività inventate con i miei cugini: il faticosissimo percorso con arrampicata sul cancello e perchè no, slalon tra le rose...gare con i pattini a rotelle, corse in bicicletta (per maggiori dettagli chiedete pure a mio fratello come ho imparato ad andarci con tanta sicurezza). Dalla mia, e penso anche vostra infanzia, voglio appunto partire per parlare dei bambini, delle problematiche odierne che riguardano loro e gli educatori che li seguono durante il loro percorso educativo-didattico, magari polemizzando un po'! dal mio racconto emergono già: l'opportunità essenziale per un bambino di confrontarsi e anche di litigare con fratelli e cugini; l'importanza rivolta alla socializzazione tra pari; il ruolo infelice che le maestre nel mondo d'oggi assumono, specialmente in confronto a qualche anno fa, (pensate se oggi un bambino confessasse a sua mamma d'aver visto la maestra mettere le mani lì...il giorno stesso quest'ultima sarebbe esonerata dal suo tanto ambito e sudato impiego...e se ancora un bambino non si trovasse più nella scuola al momento dell'uscita: a quel punto l'intera scuola chiuderebbe i battenti). Naturalmente vi racconterò tante altre cose che riguardano la mia esperienza professionale, il mio contatto diretto con i bambini. Ricordate che i piccoli d'oggi saranno gli adulti di domani...saranno il nostro futuro: educandoli aiutiamo lo sviluppo dell'umanità!!!