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10 maggio 2012

Nanopori per la genomica

Vi ricordate la copertina di Nature in occasione del primo sequenziamento del DNA umano? Eccola nella foto qui a lato. Era il 2001 e veniva annunciato come un risultato epocale, una vera svolta scientifica. Il nostro codice genetico era lì scritto nero su bianco, pezzo dopo pezzo, base azotata dopo base azotata. Ci vollero quasi tre anni per un intero laboratorio per portare a termine il lavoro meticoloso di amplificazione dei vari geni e del loro sequenziamento.

Fu una svolta e continua ad esserlo, ma per essere veramente incisiva specie nello sviluppo di medicine ad hoc, la genomica richiede tempi di sequenziamento molto più rapidi, con tecniche a buon mercato e che magari non richieda l'utilizzo di un intero laboratorio.

Nel 2008, il sequenziamento del DNA del signor James Watson fu portato a termine in 2 mesi e costò 1 milione di dollari. Entro la fine del 2013 ognuno di noi potrebbe essere in grado di trascrivere il proprio DNA in meno di un'ora ad un prezzo inferiore a 1000 euro. Questa è la via verso la medicina personalizzata.


Nanobuchi per sequenziare il genoma

La soluzione potrebbe venire dalle nanotecnologie e recentemente una spin-off dell'università di Oxford (Oxford Nanopore Technologies) ha presentato uno strumento in grado di sequenziare il genoma di un virus lungo quasi 6000 basi in un solo passaggio e promettono di arrivare sul mercato il prossimo anno con una versione migliorata in grado di trattare il DNA umano (3 miliardi di basi) in un quarto d'ora e con poche centinaia di euro. Ma come è possibile?

Tutto si basa su membrane bucate. Non sono buchi normali, però, sono nano-buchi, o meglio nanopori attraverso i quali passa giusto giusto un singolo filamento di DNA. Quando sono immersi in un bagno ionico (una soluzione con dei sali, per intenderci) e viene applicato un potenziale elettrico, allora è possibile misurare un segnale elettrico ai capi del buco. Questo segnale cambia se all'interno del buco c'è un filamento di DNA e si ottengono valori differenti per ciascuna base che compone la sequenza. Semplice no?

Inoltre il passaggio attraverso il nanoporo è una tecnica non distruttiva ed è possibile rianalizzare lo stesso filamento più volte se necessario. Lo potenza di questa tecnica, però, è la modularità. Come i cluster di computer, molti pori possono essere appaiati sulla stessa membrana, ognuno in grado di analizzare un lungo spezzone di DNA in parallelo. E tutto questo integrato su un dispositivo usa e getta, semplice da utilizzare, robusto ed economico.

I biologi genetisti hanno reagito inizialmente in modo un po' scettico. In fondo questa tecnica è stata concepita nel 1995 e ha avuto una gestazione lunghissima, tanto che la si stava per dare estinta. E invece, l'annuncio seguito a breve giro di posta dalla dimostrazione di funzionalità al congresso Advances in Genome Biology and Technology in California hanno riacceso l'interesse. Per il momento la tecnica è ancora giovane e immatura, con il 4% di errore di sequenziamento, ma i sostenitori promettono di essere in grado di portare questo margine di errore entro l'1% nei prossimi mesi. Come spesso accade in queste cose, sarà il mercato la vera prova del nove, e il fatto che il gigante svizzero Roche abbia acquistato uno dei leader nella produzione di queste innovative tecniche di sequenziamento è chiaramente un aspetto positivo.

Sembra quasi magia... e invece è nanotecnologia!

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3 commenti:

  1. E' una tecnica geniale!

    RispondiElimina
  2. la tecnica è geniale... vero, ma pensa quanto tempo è servito per portarla a maturazione e ancora non è finalizzata! 

    RispondiElimina
  3. Immagino, parliamo di variazioni di 10 pA!!

    Ma veramente chapeau per quello che l'hanno immaginata al principio anche se pensandoci, come è avvenuto in gran parte dei casi ci sono paralleli nella vita di tutti i giorni che aiutano a tirare fuori le idee.

    RispondiElimina

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