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12 dicembre 2009
Il reattore naturale a fissione
A conclusione della nostra miniserie nucleare vorrei proporvi un ultimo breve articolo sui reattori nucleari naturali. Nella puntata precedente abbiamo già scoperto che le stelle sono dei giganteschi reattori a fusione che noi terrestri stiamo cercando di copiare da anni senza ancora riuscirci. Siamo invece riusciti a costruire reattori a fissione in cui ricaviamo energia spaccando atomi grandi in elementi più piccoli. La domanda sorge spontanea... esistono dei reattori naturali a fissione?
La fissione in natura
Chi ha un'infarinatura di fisica e di radioattività, saprà che gli atomi giganti come l'uranio e i suoi fratelli tendono naturalmente a spaccarsi in due parti secondo quel processo che i fisici chiamano fissione spontanea. Questo fenomeno però manca di una caratteristica fondamentale in un reattore nucleare: infatti non si riesce a sostenere una reazione a catena basandosi esclusivamente sulla fissione spontanea.
Abbiamo già affrontato questo argomento quando abbiamo discusso la necessità dell'arricchimento dell'uranio: perché il combustibile nucleare possa essere considerato tale, allora deve essere in grado di sostenere una reazione a catena, ovvero i neutroni espulsi da un evento di fissione devono essere in numero e qualità (leggi energia) appropriati per stimolare un altro evento di fissione e così via. Nel caso dell'uranio, la condizione di criticità è raggiunta quando il rapporto tra uranio 235 e 238 è dell'ordine del 6% e visto che l'uranio naturale contiene solo lo 0.7% dell'isotopo 235 allora possiamo stare tranquilli che in nessun giacimento di uranio si possa verificare accidentalmente e naturalmente la condizione di criticità.
Ma è sempre stato così?
L'uranio 238 decade con una vita media lunghissima (4.5 miliardi di anni) mentre il suo isotopo 235 decade dieci volte più velocemente il che fa si che nel passato molto passato la percentuale di uranio 235 in natura fosse molto superiore, anche fino a raggiungere e superare la soglia di criticità. Quindi qualche miliardo di anni fa, non c'era bisogno di arricchire l'uranio per renderlo fissile: l'uranio naturale era già utilizzabile così com'era! Prima di continuare voglio tranquillizzarvi: oggi una cosa del genere non può più succedere perché il tempo passa per tutti, uranio compreso.
Ma sono esistiti reattori nucleari naturali?
Il fatto che in passato l'uranio fosse già arricchito a sufficienza, di per sé non basta per fare un reattore nucleare. Ma la risposta è sì, almeno un reattore naturale è esistito due miliardi di anni fa in un giacimento di uranio a Oklo in Gabon. Il reattore ha funzionato per qualche centinaia di migliaia di anni prima di arrestarsi definitivamente e ha dovuto aspettare quasi due miliardi di anni prima che l'uomo lo scoprisse...
Ma se ha funzionato miliardi di anni fa, come abbiamo fatto a scoprirlo?
È successo un po' per caso anche se l'esistenza di tali reattori era già stata ipotizzata. Un centro di arricchimento francese aveva acquistato un campione di uranio da Oklo e stava svolgendo le analisi di composizione isotopica di routine. A causa del fatto che l'uranio può essere utilizzato per costruire ordigni atomici, tutti i campioni vengono accuratamente analizzati: infatti se un campione contiene troppo poco uranio 235, allora è possibile che qualcuno lo abbia già tolto per altri scopi. L'uranio di Oklo è troppo impoverito. Scatta subito un'indagine per scoprire chi sta rubando il prezioso uranio quando gli scienziati scoprono altre stranezze isotopiche: nel campione ci sono concetrazioni di neodimio e rutenio assolutamente differenti da quelle che si trovano in natura, ma molto simili a quelli che si ritrovano nel combustibile nucleare estinto. Gli scienziati hanno fatto 2 + 2 e si sono resi conto che non si trattava di un Paese canaglia ladro di uranio, ma di un reattore naturale spento.
Ma come ha fatto il reattore a partire?
Abbiamo detto che la sola presenza del carburante non basta, servono anche altri elementi per fare partire la reazione. Innanzitutto l'acqua. Questa infatti gioca il ruolo del moderatore, ovvero del mezzo che permette di rallentare i neutroni veloci emessi dalla fissione portandoli all'energia giusta per causare un altro evento di fissione.
Uno dei problemi noti del ciclo del combustibile nucleare è la formazione dei veleni: ovvero di quei prodotti della fissione che altro non sono che nuclei con una enorme sezione d'urto per la cattura dei neutroni. In parole più semplici, questi veleni catturano i neutroni prodotti dalla fissione e inizialmente rallentano e poi addirittura bloccano la reazione a catena. Nei reattori artificiali questo problema viene in parte ovviato cambiando la geometria delle barre di combustile e in parte riprocessandole, ma in quello naturale di Oklo nessuna delle due possibilità poteva accadere. Rimaneva una sola alternativa: aspettare pazientemente che i veleni decadessero e quindi sparissero da soli; durante questi lunghi anni di attesa il reattore rimaneva spento per poi riaccendersi quando la concentrazione di veleni tornava a permetterlo.
Come mai non si è fuso il reattore naturale?
Nei reattori moderni e artificiali, una delle più grosse preoccupazioni è che la temperatura del cuore del reattore possa salire in modo incontrollato e portare alla fusione di tutta la struttura portante con conseguenze disastrose. Per questo motivo i reattori sono dotati di sofisticati sistemi di sicurezza e decine di ingegneri e tecnici nucleari tengono sotto controllo giorno e notte il cuore del reattore. La domanda spontanea è perché il reattore naturale che non aveva nessun sistema di controllo e nessun tecnico a guardarlo non si è fuso? La risposta è che la natura lo ha dotato di un arguto sistema di controllo che gli ingegneri elettronici direbbero con retroazione negativa. Poche righe fa, abbiamo detto che l'acqua che pervadeva il giacimento giocava il ruolo di moderatore di neutroni, ma anche quello di stabilizzatore termico. Infatti, non appena la temperatura del combustibile cominciava a crescere troppo, l'acqua iniziava ad evaporare in quantità sempre maggiori ed evaporando si allontanava e non agiva più da moderatore rallentando la reazione a catena. Insomma un gioco di precisi equilibri talmente delicati da sembrare impossibile non essere studiati da mani di uomo.
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