Oggi vorrei parlarvi di una tecnica sperimentale che ho imparato a conoscere un po' meglio nelle ultime due settimane e che proprio mentre vi scrivo viene applicata ad uno dei nostri campioni di nanoparticelle nella speranza di ottenere qualche utile informazione. Premetto che tutto quanto trovate in questo post è frutto di piacevolissime chiacchierate con due massimi esperti di spettroscopia di positroni che ho avuto la fortuna di incontrare presso il Politecnico di Milano - Sede di Como. I grafici li ho amichevolmente rubati dal loro sito, che vi consiglio di visitare.
Lo scopo del gioco è scoprire informazioni sulla struttura microscopica, sarebbe più appropriato dire nanoscopica, di alcune nanoparticelle. In particolare, siamo curiosi di sapere se dopo essere state sottoposte ad un irraggiamento con i protoni del nostro acceleratore, subiscono danni strutturali. I danni, se ci sono, sono molto piccoli e ci serve una sonda minuscola per andarli ad individuare. Come sonda stiamo utilizzando la più piccola delle particelle di antimateria, i positroni, ovvero i fratelli degli elettroni: i due sono praticamente gemelli identici, se non fosse per il segno della loro carica elettrica, gli elettroni sono negativi mentre i positroni, come anche suggerisce il nome, sono carichi positivamente. Un positrone nel vuoto vive per un tempo indeterminato, ma non appena entra in contatto con l'aria, il suo destino è segnato da un morte certa e velocissima. Non è tanto l'aria ad ucciderlo, ma la materia e in particolare il contatto con gli elettroni. Quando materia e antimateria si incontrano si annichilano, ovvero le due particelle di fatto scompaiono dando vita ad una coppia di fotoni (particelle di luce) ognuno con un'energia pari alla massa di una di loro.
Il fatto che la somma delle energia dei fotoni emessi sia uguale alla massa delle due particelle (ricordate
Un modo per sfruttare i positroni come sonda per testare la materia è quello di misurarne la vita media, ma non è la tecnica che vogliamo sfruttare noi, che siamo invece interessati alla CDB sigla per Coincidence Doppler Broadening, ovvero l'allargamento della linea di emissione dovuta all'effetto Doppler. Vediamo di capire di cosa si tratta.
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Quindi ricapitolando: se uso un solo rivelatore e mi accontento di vedere uno solo dei due fotoni emessi allora la distribuzione di energia del singolo fotone sarà come quella del grafico qui a fianco e dal picco a 511 keV non si può capire tanto. Il problema sta nel fatto che l'informazione che ci interessa, ovvero l'allargamento di questo picco è contenuta nelle code (i puntini rossi) che possiamo solo intuire perché coperti da quella zona piatta che non possiamo eliminare.
La tecnica è chiaramente differenziale, ovvero funziona confrontando un prima e un dopo, nel nostro caso prima e dopo essere irraggiato col fine di valutarne gli effetti. Al momento gli amici e colleghi del Politecnico di Milano (sede di Como) stanno facendo tutte le misure preliminari e a partire dalla prossima settimana ci hanno promesso i primi risultati e noi non vediamo l'ora di invitarli sul Lago Maggiore per farceli raccontare!
OT: toccata e fuga per un saluto e per chiederti cosa ne pensi a riguardo di ieri sera... Magari passa da me, cosi non "inzozziamo" troppo qui. Buona domenica Toto. :)
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