Valeriano esodirva dicendo:
E Giovanna incalzava:
Proprio così, stendiamo il pietoso velo sulla pronuncia delle parole straniere (abbiamo sentito di tutto Schùmacher, Schumàcher, Schumachèr –potevano chiedergli” carino, come pronunci tu il tuo nome?- o Istàmbul-Istambùl- Istambul con l’accento sulla I, Afghanistàn-Afghànistan ecc. eppure ci sarebbe il DOP da consultare, utilissimo per i toponimi, addirittura a cura della RAI).
Ma quello che mi fa andare letteralmente in bestia è Francesco Giorgino del Tg 1, sì sì quello della famosa “balàustra”, e molti altri reporter che adesso non saprei indicare per nome, che ignorano la pronuncia sorda della zeta nell’unica coppia di parole omografe ma non omofone veramente significativa nella lingua italiana razza ‹ràzza› «sottospecie» con zeta sorda (come in pizza) e razza ‹ràʒʒa› «pesce» con zeta sonora (come in azzurro) . Ebbene lui si ostina a dire raʒʒismo e raʒʒista. Perché non lo corregge nessuno?
E l’ostinazione a pronunciare faticosamente la s come sonora nella parola musulmano quando è chiaramente sorda in quanto c’è anche la versione mussulmano, o riςalire invece di risalire, e parole affini, chiaramente parola composta?
Ora non dico che si debba fare un corso di dizione, è vero che la pronuncia s/ς come pure z/ ʒ ha un carattere regionale e tutti abbiamo le nostre caratteristiche regionali , ma è anche vero che non tutti siamo giornalisti tv e che ci sono delle semplici regole che permettono una pronuncia decente , media, neutra evitando dialettismi che spesso non sono soltanto fastidiosi, ma conducono a sonori strafalcioni.
Se sembra eccessivo il DIPI di Canepari, o il MAPI , basterebbe aprire wikipedia.
Altrimenti che ci mettano Carlo Conti a leggere le notizie.
Regole pratiche in Wikipedia il DOP il DIPI e il MAPI
Perdonatemi il raptus didascalico, (si presuppone che dovrei insegnare l’italiano standard perciò questi problemini li devo affrontare spesso)
E poi, perché no, potrebbe leggerci qualche Giorgino.
E da qui la discussione ha preso la direzione della fonetica. Con Lisandro che riporta l'esperienza Giapponese e l'uso del katakana.
E poi ancora Giovanna
Il discorso sullo stato della lingua italiana è ampio e articolato, tanto più che le opinioni dei linguisti divergono. In ogni caso già a partire dal latino è in corso l’evoluzione inarrestabile della lingua da sintetica ad analitica, mentre l’appiattimento del linguaggio odierno è funzionale agli scopi comunicativi, in quanto l’imperativo è comunicare e per farlo al meglio bisogna semplificare. Meno subordinate, più coordinate, meno congiuntivo, sta scomparendo il futuro ecc.ecc. Per un approfondimento , anche bibliografico, della semplificazione rimando alla Treccani
Ma il problema che sollevi tu è piuttosto di natura filosofica e psicolinguistica, si chiama relativismo linguistico, secondo il quale la lingua
influenza il pensiero quindi un impoverimento della lingua determinerebbe l’impoverimento del pensiero, si tratta dell’"ipotesi di Sapir-Worf", peraltro fortemente criticata e contrapposta .alla tesi dell’universalismo linguistico di Noam Chomsky, la quale contrappone l’idea che ogni linguaggio
si sviluppa e si distingue a seconda dell’ambiente culturale in cui cresce l’individuo, a partire da una matrice biologica universale comune a tutta la
specie umana.(se i pensieri dipendessero dalle parole, come potrebbe mai esserne coniata una nuova? Come potrebbe un bambino imparare la prima? Come sarebbe possibile la traduzione interlinguistica?). Finora sono stati individuati circa 60 universali semantici comuni a tutte le lingue. Io non sono in grado di esprimere un’opinione, forse entrambe le teorie hanno qualcosa di vero.
Ciò detto, non mi preoccuperei più di tanto per la sorte dell’taliano, stiamo assistendo “all’ampliamento mostruoso del lessico e alla sua specializzazione, con crescita vertiginosa del vocabolario di molte branche del sapere (economia, medicina,informatica) e della vita sociale (politica, amministrazione)”. La lingua letteraria ormai non ha nessun peso, ha perduto il ruolo di norma e, “come ovunque nel mondo, la guida o l’iniziativa linguistica sono passate ad altri soggetti: televisioni, Internet, giornali. L’italiano trasmesso è forse la varietà di italiano più prestigiosa oggi e più ritenuta autorizzata a dettare (o a modificare) la norma. Peraltro, finora, non ha né prodotto né autorizzato cambiamenti particolarmente dirompenti”.
Le citazioni della Treccani e qualcosa di breve su relatività e universalità linguistica.
PS. A partire dalla teoria chomskyana B. Berlin e P. Kay intrapresero uno studio per verificare l’esistenza di termini base per i colori, al di là delle differenze linguistiche. Analizzando i dati di 20 diversi linguaggi, elaborarono la loro Teoria dei Termini Base dei Colori (TBC) la quale sosteneva l’universalità dei meccanismi linguistici legati alla percezione del colore e più in generale una semantica universale dei colori.
E’ tuttora in atto il World Color Survey un progetto con lo scopo di verificare gli assunti di Berlin e Kay.
http://www1.icsi.berkeley.edu/wcs/
http://en.wikipedia.org/wiki/Linguistic_relativity_and_the_color_naming_debate
Una tesina di semplice lettura, e in italiano, sul tema (riferisce anche Orwell, pensa un po’!)
Sperando di essere riuscito a fare un buon riassunto della situazione vi invito a continuare qui la discussione piacevole avviata altrove.
ps. Questo è il post augurale della sezione in-topic, perché su questo spazio l'unica cosa off-topic è la maleducazione. L'idea è di dare lo spazio e la visibilità che si meritano quegli interessanti scambi di opinione sbocciano nei posti sbagliati, quindi buona chiacchierata a tutti!
Dissento sulla dizione. Le differenze dovrebbero contare solo quando una parola cambia significato a seconda della pronuncia (esempio in dialetto: "L'asee l'è mia asee" - l'aceto non è sufficiente. In questo caso la pronuncia della "s" cambia la parola da "aceto" a "sufficiente"). Ma negli altri casi, ognuno libero di usare la s come cavolo vuole. La dizione è una forma di fascismo. Ecco.
RispondiEliminaMa lo sai che tu eri citato direttamente nella discussione originale?
RispondiEliminauhm...un po' estremista come posizione.
RispondiEliminaLa dizione, come tutte le altre regole linguistiche, sono appunto regole e in linea di principio vanno seguite. Puoi dire "razza" con la z dolce, tutti ti capiranno e non ci sarà alcun problema di comprensione, ma rimane scorretto secondo la lingua ufficiale italiana.
In quanto regole, si puo' essere d'accordo o meno e si possono certamente modificare in seguito all'uso o in seguito a riforme linguistiche studiate ad hoc (ad esempio quella tedesca del 1996, russa del 1918 e quella greca, di cui Egiovanna saprà parlarti meglio) o trattarle con una certa elasticità.
Se l'infrazione di una regola non inficia il senso della frase (e non necessariamente il significato della parola), in genere constato che nell'uso comune si tende a trascurarne l'applicazione precisa, complice anche le inflessioni regionali.
Un controesempio pratico al tuo: pésca (pescare) e pèsca (frutto), due parole totalmente diverse: pochissima gente fa invece differenza in pratica, ma il senso raramente viene compromesso. Ti aiuta il contesto generale: in frasi piccole puo' anche esserci ambiguità, ma in un discorso completo raramente.
Quello che ho constatato invece è che l'Italiano è una lingua particolarmente tollerante verso le imperfezioni. Si possono stravolgere parecchie regole e nonostante tutto il sento rimanere comprensibile. Questo non accadde in tutte le lingue, ma quando capita secondo me tende a produrre - per forza di cose - parecchie deviazioni dalla "lingua pura" e probabilmente anche a parecchie forme regionali.
E da notare, non da ultimo, che errori di pronuncia possono generare anche errori di ortografia: quante volte hai visto scritto "comprenzione", che deriva evidentemente
dalla cattiva abitudine di leggere la parola con la s dolce?
ED ora sgancio la bomba!
RispondiEliminaChe ne pensate del fatto che per me, nordico, il passato remoto non esista e che per Valeriano [@ValerianoB:disqus ] non esista l`imperfetto?
Come non esiste l'imperfetto??
RispondiEliminaPenso di usarlo correttamente, ma magari il mio italiano si sta corrompendo (scherzi a parte, mi partono certi gallicismi...).
Il passato remoto serve per indicare un'azione conclusa, senza più alcun rapporto con il presente o puntuale nel passato.
L'imperfetto indica azioni continuate o da sfondo ad azioni passate.
Il passato prossimo, per azioni concluse da poco e che in linea di principio hanno ancora conseguenze nel presente.
Poi, l'uso pratico è altra cosa, si sa.
E ora, via libera a Egiovanna!
Noi siamo ENTITA` ETEREE SUBLIMI, o anche MACCHINE DI TURING con un bel controllore FUZZYLOGIC all`ingresso: ERGO ENTRAMBE E` CORRETTO, alla tastieraccia tua.
RispondiEliminaMi consenta (!) di dire che le regole italiane non lo consentono.
RispondiEliminaSu quelle di Itanippolandia non mi pronuncio :-)
Eccomi!
RispondiEliminaHai dato la definizione esatta dei due perfetti ( tempi finiti) in contrasto con l’imperfetto che, come dice il nome , indica un tempo non concluso.
In più potrei aggiungere che il remoto si riferisce anche a un tempo non ben determinato nel passato, perciò il passato remoto è d’obbligo quando raccontiamo le favole.
E’ d’obbligo anche quando si riferiscono avvenimenti storici, i libri di storia sono scritti al passato remoto o al presente storico, con qualche deviazione sull’imperfetto narrativo ( Al ritorno dalla Gallia Cesare passava il Rubicone)
Direi che è il tempo prediletto nella narrazione (romanzi, novelle).
A questo punto rimane l’uso che ne facciamo quando riferiamo eventi che ci riguardano personalmente: qui si tratta di una scelta personale, dipende da quanto sento lontano e concluso e senza nessun interesse l’evento, quindi vanno
benissimo L’ho conosciuto l’estate scorsa oppure lo conobbi l’estate scorsa .
Bisogna stare attenti che l’evento appartenga a un tempo interamente trascorso, perciò è errato dire Ieri andai in banca in quanto ieri appartiene a questa settimana -qui si popone in verità il problema di quanto tempo deve trascorrere dall’evento per considerarlo remoto e purtroppo non ci sono regole; personalmente
preferisco usarlo con qualche indicatore temporale del tipo il mese scorso, una
settimana fa ecc , direi che faccio passare almeno una settimana -:)).
Infine il passato remoto è molto usato al sud , in siciliano addirittura non esiste il passato prossimo e i parlanti tendono a trasferirlo nell’italiano standard: la mia amica Valentina dice spesso Stamattina vidi..., ieri ti telefonai ma non ti trovai..
Viceversa è poco diffuso al nord dove tende a scomparire.
Quindi se il nostro Orsetto è "nordico" è naturale che non lo usi nel linguaggio quotidiano.
La recessione del passato remoto rientra nel processo di semplificazione della lingua cui si era accennato, anche se oggettivamente mi sarei aspettata il contrario, cioè sarebbe molto più semplice per il parlante e per chi ascolta usare il remoto, evitando la procedura della formazione del passato prossimo
1- trovare il participio del verbo
2. scegliere l’ausiliare ( spesso faticosamente)
3. fare l’accordo del participio con l’ausiliare essere
4. fare di nuovo l’accordo del participio se precedono lo-la-li-le-ne
E inoltre servirebbe una parola in meno...
Boh! Non c'è logica alcuna. Mi arrendo.
Esatto! (*)
RispondiEliminaL'ho conosciuto l'estate scorsa e lo conobbi l'estate scorsa hanno delle sfumature diverse e quindi la scelta dell'uno o dell'altro comunica un pensiero diverso. Premesso che il passato remoto tende a sparire dal parlato, la differenza è netta in casi tipo:
1] Ho conosciuto mia moglie 10 anni fa (si comunica l'impressione che si sta ancora insieme)
2] Conobbi mia moglie 10 anni fa (magari abbiamo divorziato nel frattempo?)
Ma gli usi impropri, naturalmente, si sprecano perdendo parecchie sfumature che l'italiano invece permetterebbe. Diciamo che ricadiamo in quello che chiamavo una forma di analfabetismo "funzionale", l'uso improprio perché non si sa come utilizzare le forme linguistiche.
2. scegliere l’ausiliare ( spesso faticosamente)
Hai notato sempre più spesso un uso improprio dell'ausiliare davanti ai modali? Manco fossero tutti francesi :-)
Personalmente, credo che semplificare troppo impoverisce alla fine una lingua.
Sulla scelta del passato prossimo (oltre ad essere condivisa dal tedesco, fortunatamente!), probabilmente è dovuta al fatto che nella realtà si parla molto più spesso di avvenimenti vicini e che hanno influenza nel presente che di avvenimenti remoti.
E non parliamo neanche di trapassato remoto e futuro anteriore... mia moglie mi dice sempre "ma a che servono tutti questi tempi?" (lei che ne ha parecchi di meno) e io ogni volta a spiegare e fare esempi :-)
Pero' devo dire che usa congiutivi e condizionali meglio di parecchi italiani (mi piace pensare anche grazie a me :-))
(*) Non mi correggere, grazie ;-)
nel mio analfabetismo funzionale, il passato remoto praticamente non esiste. non riesco proprio a metterlo in una frase... anzi mi suona sbagliato!
RispondiElimina@toto_unicolab:disqus
RispondiElimina:-)
E' che è in disuso. Il che è un peccato, perché perdi una parte delle sfumature (o anche precisione) che una lingua può dare.
Vorremo mica ridurci come l'inglese? :-)
paradossalmente, credo di usare meglio i tempi in inglese che in italiano. i tempi inglesi sono esattamente come quelli italiani :)
RispondiEliminaMa non era Lei, sperando di quotarLa bene, che quando ho detto che secondo me il latino era gia` una lingua gia` perfetta in quanto a precisione e l`italiano ne ha migliorato la "musicalita`", mi ha riposto che l`italiano ha fatto bene ad eliminare molte ridondanze?
RispondiEliminaUna delle cose che ammiravo del latino era che se avevi una principale e tre subordinate e sparpagliavi le parole, potevi ricorstruire tutto.
Erano quasi divertenti gli autori col soggetto sottointeso, andavo fuori di testa con chi usava soggetto e verbo sottointeso 8 subordinate dopo!
Ed alla fine mi chiedevo: "Ma questa gente veramente parlava cosi`???".
Chi risponde all`ultima domanda?
Ora ci vieni a dire che bisogna sfruttare tutte le potenzialita` dell`italiano senza scartare le ridondanze? :P
E volevo proprio parlare dell`inglese, il quale, al di la` della distruzione del congiuntio [fatto da me odiato come ho gia` detto in precedenza] non e` ridondante ed e` chiaro.
Una azione finita un femtosecondo prima vuole il past perfect.
Se la cassiera sta mettendomi in mano il resto di qualcosa che ho comprato io dico: "I just bought it".
Che poi io traduco nella mia mente "L`ho appena comprato" ed un calabrese lo traduce con "lo comprai".
Io non direi "Conobbi mia moglie 10 anni fa" nemmeno se fossi stato sposato...
RispondiEliminaSenti, pensavo che il 31 dicembre 2013 Giovannona avesse buone chances di vincere il premio "Fraulein Rottenmeier d`oro", ma se continui cosi` lo vinci tu entro il 21 gennaio a mani basse...
RispondiEliminaE se ANCHE @toto_unicolab:disqus non sta ridendo ora, gli facciamo vincere il premio "Heidi d`oro"!
Qual`e` il limite temporale fissato dall`accademia dei lincei per il passato remoto?
RispondiEliminaUn giorno, una settimana, un mese, un anno, un lustro, un secolo, un millennio, un`era [diciamo 100 mila anni?]?
Che il remoto sia associato ad una imprecisione temporale, seppur giusto mi e` nuovo e cozza un po` con l`idea che avevo [nel non usarlo] che vi fosse una maggiore precisione della conclusione dell`azione e dei suoi effetti :)
1- un participio contro 6 coniugazioni non e` piu` complicato.
2- non abbiamo troppi ausiliari.
Ma soprattutto lo trovo piu` semplice quando connetto la principale col passato prossimo con le altre frasi che presumibilmente non lasceranno sola la principale.
O forse sto solo borbottando tentativi di spiegazioni di qualcosa che e` quasi "istinto" del rappresentare un pensiero logico in forma verbale e NON un modo logico e ponderato di rappresentare un pensiero [piu` o meno
Ed alla fine mi chiedevo: "Ma questa gente veramente parlava cosi`???".
RispondiEliminaQuesto sicuramente no ;-)
L'inglese non è più chiaro. E' più semplice. Ha solo "bought" per indicare un'azione passata e non puoi usare altro. Quello che fai per esprimere relazioni che la lingua non prevede nativamente è fare improbabili costruzioni con gli ausiliari, a volte raddoppiandoli addirittura, o circonlocuzioni.
Prova a tradurre quello che veramente dicono e non fare una traduzione "dalla lingua inglese alla lingua italiana" e te ne accorgi.
Che il remoto sia associato ad una imprecisione temporale, seppur giusto
RispondiEliminami e` nuovo e cozza un po` con l`idea che avevo [nel non usarlo] che vi
fosse una maggiore precisione della conclusione dell`azione e dei suoi
effetti :)
Si confondono due cose qui. Ma non è colpa tua, ovvio, è l'italiano. Quello di cui parli qui è il cosiddetto aspetto perfettivo/imperfettivo del verbo, su cui l'italiano non pone accento particolare (mentre pone più l'accento sulle relazioni temporali e subordinate fra le azioni).
Per esempio, in russo hai i verbi per coppie: perfettivo/imperfettivo per indicare esplicitamente l'azione finita e conclusa e l'azione non finita/non terminata con successo/ripetuta. Questo senza connotazione temporale, il tempo è a parte.
L'imperfetto è ... imperfettivo, appunto, mentre il passato remoto è piuttosto perfettivo. E' un'imprecisione temporale nel senso che è un'azione in un passato non ben definito, ma finita e conclusa definitivamente.
Ma già al presente non puoi distinguere con un aspetto verbale e devi cavartela in altri modi: perifrasi, uso del gerundio o altro ancora.
Mi riferivo effettivamente a due tipi diversi di "perfezione", ma quando si usa l`aggettivo "perfetto" lo immagini come inteso sotto ogni aspetto, e non avevo mai messo in conto quello citato da Giovannona.
RispondiEliminaPero` adesso MI/CI hai incuriosito/i: parlaci un po` della grammatica russa!!!
Fare una traduzione "letterale" dell`inglese non ha senso perche` l`inglese ha la sua coniugazione nel soggetto e non nel verbo.
RispondiEliminaTradurre "I went" con "io andato" non solo non e` "politicamente" corretto, ma nemmeno letteralmente poiche` non e` nemmeno biiettivo :) visto che ritornando indietro non avresti "I went" ma "I gone".
Del resto se fai l`opposto e sfrutti che l`italiano, avendo la coniugazione nel verbo, non necessita di esplicitazione del soggetto e nella traduzione in inglese non citi il soggeto scrivendo solo "went" un inglese ti dira` che l`italiano e` una lingua senza senso.
Tutto i miei discorsi precedenti erano riferiti alla pura "funzionalita`" della lingua.
Cosa separata dalla bellezza, e ribadisco fino a nausearvi, il latino era tecnicamente perfetto, ma con l`italiano lo abbiamo reso un po` meno preciso ma molto piu` musicale e per questo lo adoro.
Mi piacerebbe anche il cinese se non fosse che solo per pronunciare "yo" lo fanno praticamente in 5 modi differenti, ed in origine in 7 modi differenti, tanto che ogni politico che atterrato a Pechino ha voluto dire 2 parole contate in cinese ha sempre finito per insultarli.
Che vuoi sapere/con cosa vuoi incominciare?
RispondiEliminaFai come noi noi italo-nipponici, parti da pillole e poi adattiamo la marcia :)
RispondiEliminaTradurre "I went" con "io andato"
RispondiEliminaE' proprio così invece. Quasi in questo caso, perché il past e participle tense sono diversi (che mi dici di read/read/read?). Ma resta che hai una solo formo ortografica per tutti i tempi passati e tutte le persone.
Se "dall'italiano" scrivi solo "went", l'inglese non capisce e hai ragione: ma dimostra la superiorità di una lingua come l'italiano, non certo dell'inglese. Quella parola "went" in inglese serve solo a darti l'idea di "andare" in un tempo passato. Solo l'"idea" appunto, è l'inglese che non riesce a dare di più con una sola parola.
L'inglese non ha coniugazione "nel soggetto", non ce l'ha proprio. Giusto la "s" della terza del singolare, e sospetto solo per evitare di fare confusione con gli aggettivi derivati da verbi (infiniti sostantivati). E per questo è obbligato a mettere il soggetto, altrimenti non capirebbero niente neanche loro :-)
Ma apriamo un altro soggetto!
RispondiEliminaArgomento che partira` dal campo scientifico ma mi chiedo quanto riscontrato altrove.
Abbiamo gia` detto che l`inglese sia sintatticamente piu` semplice, ma e` la lingua che fa il popolo o il popolo a fare la lingua o nessuna relazione? [in realta` questa domanda non era cio` di cui volevo scrivere, ma mi sa che ne verra` fuori un bel capitolo]
Ricordiamo anche che il vocabolario inglese e` ben maggiore di quello italiano anche se quasi il 100% degli italiani ritiene l`opposto.
Ritorniamo al mio soggetto originale: quanti avendo la possibilita` di comprare un testo scientifico, pur avendo la disponibilita` di una versione tradotta in italiano hanno comprato comunque la versione inglese?
Io sono tra questi, per 2 motivi, il primo e piu` importante e` che a volte viene pure "italianizzato" nel senso che lo si trasforma in trattati filosofici anziche` spiegare cosa e`, come funziona, 100 esercizi per impratichirsi e senza nemmeno una parola che vi racconti di quando l`inventore di quell`algoritmo era stato investito dalla suocera perche` quest`ultima aveva dimenticato di indossare gli occhiali e quali fossero i filosofi di quel periodo PUNTO.
Il secondo e` che con la traduzione ed italianizzazione vi raddoppiano il prezzo.
Questo ragionamento non funziona se viene tradotto dall`italiano all`inglese da un italiano che non ha mai fatto una somma in vita sua ed e` amico del docente di Campi Elettromagnetici, fidatevi della parola dell`orsetto.
In questo caso vi ritrovate un testo di filosofia al 90%, meno del 10% vi sara` utile a capire ed a sostenere [il 3% del] l`esame.
Tornando al rapporto lingua-popolazione direi che non e` un caso che l`italiano suoni bene ma sia un po` barocco appesantendone la struttura, che l`inglese sia sintetico e diretto, che i tedeschi si siano tenuti i "quadrati" casi latini, il giapponese sia contemporaneamente diretto al punto ed elusivo da girarci intorno fino a quando vi arrendete :)
Non dico che sia superiore!
RispondiEliminaDico che sia sintetico nella lingua e nella mentalita` con cui scrivono i testi scientifici.
Rileggimi un po` in giro :)
E non puoi fare queste analisi perche` tu elimini un elemento della lingua che puoi eliminare in italiano per eliminarlo in una lingua che non ne tollera l`eliminazione.
Concordo che la coniugazione delle lingue romanze sia bella, cio` non vuol dire che si possano ottenere le stesse cose in altri modi.
Non puoi dire che un razzo sia meglio di un turbofan perche` se lo porti nello spazio solo il primo funziona avendo il comburente con se`.
Mi diverte scrivere esempi da scienziato pazzo, cosi` almeno chi non ne ha gia` le scatole piene va a controllarsi un paio di vocaboli :)
BTW il giapponese non solo non coniuga alla latina, ma a volte se ne frega pure del singolare/plurale.
Ed ha una cosa che adoro anche se e` una rottura: meta` degli aggettivi sono usati come noi e se e` riferito al passato hai l`aggettivo col verbo al passato... ma meta`, se riferiti al passato , viene messo al passato l`aggettivo col verbo al presente!
Classico caso, stai mangiando e dici OISHII (DESU), BUONO (E`), a pranzo finito dici OISH(I)KATTA (DESU) e mo` come rappresento buono al passato?
Il fatto che la struttura su cui poggia l`italiano non supporta l`aggettivo passato fa automaticamente del giapponese una lingua superiore all`italiano?
Secondo me no, secondo il metro che hai usato tu per dimostrare l`inferiorita` dell`inglese, cioe` giudicare una lingua con la grammatica di un`altra, si`.
Per quanti giorni pensi che potremmo ancora tirarla avanti?
Giovannona! @Egiovanna:disqus , fatti viva che ci devi tenere lontani, 10mila km non bastano!
kumachanTokyo
RispondiEliminaAllora partiamo da qualche pillola di "semplice" e "diverso" :-)
I tempi verbali sono relativamente semplici, l'uso appropriato più complesso.
Esistono due aspetti: perfettivo/imperfettivo, e sono proprio due verbi diversi.
Come tempi/modi abbiamo:
Presente (con diversi significati a seconda che l'aspetto sia perfettivo o no)
Passato: è una curiosa forma aggettivale, in pratica non è coniugata ma si comporta come un aggettivo (maschile, femminile, neutro, plurale)
Condizionale: si costruisce con una perifrasi (passato + бы)
Congiuntivo: ha la stessa forma del passato. Te la cavi con il contesto, in pratica serve solo per i periodi ipotetici.
Futuro: con una perifrasi per gli imperfettivi (essere + infinito del verbo), stesse desinenze del presente per i perfettivi. In realtà il "presente" dei perfettivi ha significato di futuro, perché se ci pensi non ha senso un perfettivo al presente... se stai facendo l'azione non è conclusa e non sai come va a finire!
Niente verbo avere (si usa una perifrasi: "presso di me è..."), essere difettivo.
Ma sui verbi di moto.... ne esistono un'infinità, costruiti scientificamente per indicare tutte le sfumature possibili di moto.
Si possono anche fare un paio di riflessioni sociologiche su queste due ultime cose.
In primo luogo, superiorità non la intendo in senso "razzistico", ma nel senso
RispondiEliminache ti permette maggiori sfumature perché ha le strutture adeguate. E le perifrasi sono per me dei "workaround" per esprimere strutture che non sono contemplate dallo zoccolo duro della lingua. Ogni lingua ne ha, tranquillo :-)
In linea di principio (ma non è vero sempre!) puoi esprimere le stesse cose in diverse lingue. Ma sai spesso che le traduzioni perdono rispetto all'originale.
Io credo, non essendo linguista, che ogni lingua si è sviluppata dando maggiore peso alle cose più "importanti" per una determinata cultura e meno peso a quelle meno importanti, salvo poi dover trovare dei modi per esprimere le diverse cose quando vieni a contatto con altri popoli.
Ma, onestamente, non vedo nell'inglese una elevata finezza nell'esprimere particolari strutture a scapito di altre (come l'italiano, il russo, le lingue semitiche e altre), non so se è chiaro quello che voglio dire.
E' frutto di una eccessiva semplificazione, perché nello stesso ceppo dell'inglese, il tedesco è tutto un altro pianeta. Quella è quasi una scienza.
Diciamo che l'Inghilterra è un'isola e Darwin aveva ragione :-))
Sui rapporti fra lingua e popolazione ne ho accennato in un post sotto...
RispondiEliminaMa sulle traduzioni dei libri hai ragione! Sul numero di vocaboli... io mi poggerei più sul cosiddetto vocabolario attivo, e li penso che tutte le lingue siano allo stesso livello...
Se consideriamo tutti i termini, anche quelli desueti, non saprei.
L'inglese ha però un vantaggio rispetto all'italiano: essendo molto più diffuso e usato, tende a evolvere più velocemente (e semplificarsi oltre misura, quello che alla fine parla maggior parte delle persone...) e acquisire più velocemente nuovi vocaboli.
Condivido tutto, ma... non posso sopportare che errori per mancanza di conoscenza vengano codificati solo perché sempre più diffusi. Come dire, siccome il 70% delle persone sbagliano, allora sbagliamo (imperativo) tutti!
RispondiEliminaAl contrario, si dovrebbe parlare la lingua codificata, il che non preclude le evoluzioni, inevitabili in ogni contesto vivo.
Anche se forse, in effetti, la maggior parte delle evoluzioni vengono fuori da "errori".
Come dire, siccome il 70% delle persone sbagliano, allora sbagliamo (imperativo) tutti!
RispondiEliminaInfatti, Vale, è il rischio che si corre, ma, fermo restante che solo la società dei parlanti può modificare il corso della lingua, un Consiglio Superiore della lingua italiana avrebbe potuto aver cura , come dice il Serianni, che i futuri insegnanti di materie letterarie ricevessero ( e dunque trasmettessero) una preparazione linguistica adeguata o che gli immigrati venissero integrati fornendoli di una buona conoscenza della lingua.
Non ho capito bene il tema, la superiorità intrinseca di una lingua rispetto a un'altra, nel senso che può esprimere con maggiore accuratezza lo stesso concetto? Forse. Non so niente ad esempio delle lingue africane, non escludo che esistano idiomi articolati e strutturati in modo più elementare rispetto alle grandi lingue occidentali . Rimanendo alle lingue a me più o meno note, direi che italiano francese spagnolo, lingue latine, il greco e l'inglese non abbiano da invidiare niente l'una all'altra. La diffusione di una lingua d'altra parte è dovuta a fattori economici in primis, vedi l'inglese , con alle spalle l' impero coloniale britannico, e poi la potenza economica e militare statunitense. Aggiungiamoci che le innovazioni tecnologiche più significative sono avvenute negli Stati Uniti , gli studi pubblicati in inglese, e un vasto numero di parlanti ed ecco l'inglese come lingua della scienza e addirittura una lingua franca.
RispondiEliminaSapete cosa dicono qui nei Balcani?
Il turco per cantare, il greco per scrivere, l'italiano per parlare
E Carlo V diceva di usare lo spagnolo per parlare con Dio, il francese con i diplomatici, l'italiano con le donne e il tedesco per dare ordini a cani e cavalli
Quanto al ;viene messo al passato l`aggettivo col verbo al presente non possiamo capirci se non ci intendiamo sui termini, l'aggettivo non ha tempi, non possiamo metterlo al passato, a meno che in giapponese....:)))
Come non essere d'accordo.
RispondiEliminaIl punto è senz'altro complesso, e la linea fra semplificazione e impoverimento è sicuramente molto sottile.
NO NO NO NO NO
RispondiEliminaNiente "il gnocco" per cortesia, solo "LO gnocco" e "LA gnocca" e nessun altro articolo prego.
Sul pneumatico abbiamo una timida speranza di ripresa: saranno ormai un paio di anni che qualche amico di Ivan Capelli, ex pilota Ferrari e commentatore di F1 per la RAI ha fatto notare ad Ivan la boiata de IL pneumatico, e non solo ha imparato a dirlo giusto, ma quando le altre volpi lo dicono sbagliato riesce a mettere "lo pneumatico" nella frase successiva, quindi ripeto: abbiamo speranze.
Cosa che apre un altro commento: perche` non obbligare le reti nazionali ad avere almeno una persona che sappia l`italiano e che corregga dietro le quinte gli errori, sperando che almeno le stesse persone non li ripetano?
A partire dai casi giorginiani :)
Visto che siamo tra i motoristi aggiungo un`altra nota linguistica.
Una volta il fratellino mi ha fatto andare su tutte le furie quando ha mi ha chiesto "Perche` VOI INGEGNERI dite rè-gi-me anziche` re-gì-me?".
Risposta "Non confondere chi fa le prove di 4ruote o il tuo gommista con un ingegnere, non so chi abbia iniziato in quel campo e solo in quel campo a sbagliare, e dimmi chi di quelli e` un ingegnere...".
Qualcuno ha fatto notare anche questa al prode Capelli che di nuovo usa correttamente e riutilizza regìme dopo che qualcuno lo ha sbagliato.
Diamo un premio all`amico sconosciuto di Ivan Capelli!
Fa meglio lui per la lingua italiana dei giornalisti italiani.
Quindi concordo con @ValerianoB:disqus , ci sono variazioni migliorative, ma queste sono solo ignoranza pura appoggiata dall`ignoranza mostrata in televisione. Ignoranza che basterebbe poco a far sparire.
*** Regime nel caso motoristico: regime di rotazione del motore = giri/minuto = RPM = Revolutions Per Minute.
Ehm, abbiamo voluto i laureati del `68 e soprattutto del 18 politico?
RispondiEliminaE mo` sse vede :(
A parte che a cio` dobbiamo aggiungere che, secondo i sindacati, gli insegnanti pazzi non vadano offesi spostandoli ad un lavoro di segreteria ma vengano tenuti ad insegnare sino a quando non siano pensionabili.
@Egiovanna:disqus : beh, il verbo non lo declineresti (non coniugare) a maschile, femminile,neutro,plurale eppure il passato russo è proprio così!
RispondiEliminaE' anche quello il bello delle lingue, più ti allontani dalla tua, più ci sono cose parecchio "strane" :-)
@kumachanTokyo:disqus @Egiovanna:disqus :
RispondiEliminaIL pneumatico nun se po' senti'!
Cioé, è pure più difficile da pronunciare rispetto a LO pneumatico (per via di quel triconsonantismo particolare L-P-N, come L-G-N e addirittura L-S-T-R). Quindi non è neanche una semplificazione come potrebbe essere il processo inverso, è proprio un errore!
In effetti, mi sembra di notare che una delle tendenze dell'evoluzione linguistica, fra quelle più giustificabili anche, è quella di semplificare la pronuncia: in genere si tende verso una pronuncia più semplice, fenomeno che comincia nel parlato e poi sconfina nell'ortografia (spesso).
Questo giustifica nella maggior parte dei casi il fatto che non si legge quasi mai come si scrive.
L'inglese, ancora una volta, fa caso a parte, perché é l'unica lingua che conosco in cui l'ortografia non ha nulla a che fare con la pronuncia (e non ve ne venite come mia moglie con le "regole di pronuncia" dell'inglese senno' non la finiamo più :-) )
Altro capitolo quello dell'irrazionalità della grafia inglese, famoso l'esempio di Bernard Shaw o chi per lui, GHOTI che si pronuncia "fish". Fatto sta che Shaw lasciò gran parte del suo patrimonio per la creazione di una fondazione a supporto di una Riforma ortografica inglese
RispondiEliminahttp://it.wikipedia.org/wiki/Ghoti
http://en.wikipedia.org/wiki/George_Bernard_Shaw
http://en.wikipedia.org/wiki/English_language_spelling_reform
I francesi, dimenticando la condizione disastrosa della loro ortografia, ironizzano
che in inglese on écrit élastique et on prononce caoutchouk
che in inglese on écrit élastique et on prononce caoutchouk
RispondiEliminaquesta è fantastica, specie se detta da un francese!
@Egiovanna:disqus : l'ortografia francese è complessa è vero, ma posso assicurarti che a parte pochissimi casi (in genere residuati di vecchissime scritture cadute in disuso) segue una logica abbastanza ferrea.
RispondiEliminaProbabilmente neanche tutti i francesi se ne accorgono, ma la mia caratteristica è proprio che in ogni lingua devo trovare la logica che sottende le cose, perché mi aiuta tantissimo a ricordare. D'altra parte, le cose sono logiche, anche se non ce ne si rende conto.
Ma per l'inglese, come si dice "je donne ma langue au chat" :-)
@Egiovanna:disqus : sulla grafia inglese: guarda, già una lingua che permette di pronunciare due lettere in maniera totalmente diversa a seconda delle parole, significa che... non ha regole di pronuncia.
RispondiEliminaIl mio professore di inglese diceva: di una parola inglese devi imparare la pronuncia, se non la sai non sempre che riesci a capirla dalla scrittura. E lo disse sulla parola nowhere, che a priori puoi leggere in due modi (niente IPA :-)):
1] Nau-hier (now-here);
2] No-uére (no-where)
é vero che sappiamo come si pronuncia (la 2]), ma a priori, senza sapere nulla e nessuno che te lo dice, come la leggeresti? Boh!
Già... sarebbe l'equivalente di un mistero glorioso poter scrivere finalmente "inaf" :))
RispondiEliminaGuarda ti do atto che il francese è meno peggio del'inglese in tema di grafia, però devi ammettere che tutta la sfilza di accenti non ha alcuna funzione, per non parlare delle innumerevoli lettere mute, perfino il greco ha riformato il sistema di accenti e di spiriti, che, detto tra noi , almeno avevano una spiegazione etimologica. Insomma il problema si pone, se nel 1990 si è tentata una riforma ortografica, peraltro pressoché ignorata,
http://fr.wikipedia.org/wiki/Rapport_de_1990_sur_les_rectifications_orthographique
e se in Francia si tengono concorsi di ortografia come negli Stati Uniti o in Inghilterra, o si offrono pacchetti per l'apprendimento dell' ortografia per chi aspira a un posto da infermiera
http://timbresdelorthographe.com/
http://programmes.france3.fr/le-tournoi-de-l-orthographe/index.php?page=article&numsite=2963&id_article=8384&id_rubrique=2966
http://www.abc-concours-infirmier.com/
a me è capitato di essere a Montpellier proprio durante una di queste gare nazionali di ortografia e vedere questi adulti sfidarsi all'ultima sillaba mi ha fatto perlomeno sorridere.
RispondiEliminaho dovuto leggere due volte l'intero commento per capirne inaf!
Gli accenti servono, eccome! Forse non tutti, sono d'accordo, in ogni lingua c'è qualcosa di inutile(*), ma gli accenti permettono di distinguere parole altrimenti omografe e permettono anche di passare dal maschile al femminile! Inoltre, una volta assunta la semplice regola che la "e" (non accentata) è generalmente muta, influiscono pesantemente sulla pronuncia!
RispondiEliminaPer esempio, premier (primo), al femminile diventa première. Prende un accento, e a ragione: la "e" si apre e deve cambiare le pronuncia. Senza l'accento sarebbe impronunciabile.
Tutte le "eccezioni" ortografiche dei verbi hanno il solo scopo di perservare una pronuncia coerente nel corso della coniugazione,e quindi in fin dei conti sono semplici.
I concorsi di ortogarfia, che a noi fanno sorridere, ovviamente hanno senso solo per le lingue la cui scrittura differisce dalla pronuncia, e quindi soprattutto in inglese! Ma sono ridicoli in Russia, Grecia (suppongo), Italia e limite-limite forse in Germania (non ci giurerei, pero' :-) )
(*) potremmo parlare della "q" italiana che potrebbe tranquillamente essere sostituita foneticamente dalla k (basta introdurla ufficialmente nell'alfabeto) o da una "c" per i più puristi. Foneticamente, in italiano "quadro" e "cuadro" sono la stessa cosa.
magari "inaf" è troppo:-) ma almeno mettersi d'accordo su una corrispondenza semplice grafema<->fonema.
RispondiElimina@Egiovanna:disqus : Ho l'impressione che l'ortografia francese costituisca un grosso problema... ed è infatti più o meno sentito.
RispondiEliminaPer quello che vedo intorno a me ci sono due componenti: i giovani che usano un linguaggio da SMS e - soprattutto - gli immigrati prevalentemente maghrebini (non c'è razzismo, è un fatto) che parlano un francese "arrangiato".
Praticamente, tutti gli errori che vedono derivano dalla confusione fra (quasi) omofoni: ovvero l'utilizzo di un grafema scorretto che ha quasi lo stesso suono. A volte, si rasenta veramente l'incomprensibile, soprattutto sui forum.
L'esempio classico sono i participi che diventano infiniti, dove si applica la sostituzione "é" -> "er". Per esempio: "La fenêtre a été fermer (fermée)"
A volte ti giuro che ho la sensazione di scrivere meglio io di alcuni di loro... sarà che in quanto straniero mi sento in qualche modo obbligato a *non sbagliare*.
Se ci fai caso, il complesso qu è legato in prevalenza alle parole latine quattuor, quinque, quando, e poi questo quello ( eccu istus..) , insomma vestigia del latino, come l'h in alcune persone di avere da habere, non mi sembra però che faccia molto danno.
RispondiEliminaNon dubito che parli meglio di molti francesi, anch'io parlo meglio di molti "nativi" greci, ma non sono riuscita a liberarmi dall'intonazione cantilenante dell'italiano, così a un certo punto mi chiedono di dove sono :((
RispondiElimina(A parte che mi sfugge a volte qualche aspirata...)
Certo non fanno danno, fa parte della definizione di "inutile" :-)
RispondiEliminaSulle forme del verbo avere, c'è da notare una cosa strana. Fino a una certa parte del 1900, esistevano le forme senza "h", ma accentate:
à -> ha
ànno -> hanno
che sono pero' ormai decisamente scomparse dalla lingua, riavvicinandoci al latino, se vuoi. Che l'allergia agli accenti sia superiore a quella di un'h muta?
@Egiovanna:disqus
RispondiEliminaBeh, l'accento straniero è altra storia, e nessuno puo' levarlo completamente se non è madre lingua. I bilingui li considero qui madrelingua. La cosa probabilmente è legata al modo con cui si apprende una lingua da bambini e da adulti, che è provato è differente.
A me dipende dall'ascoltatore. Qui è pieno di discendenti italiani e mi sgamano subito. Fra l'altro credevo che gli italiani avessero un accento come gli spagnoli, ma mi dicono di no.
Se invece parlo con qualcuno di lontano (Bretagne, o DOM-TOM) allora dicono che sentono un accento, ma non capiscono da "quale regione" vengo...
Gli stranieri veri (non italiani) probabilmente neanche se ne accorgono.
guarda che a questo punto potrebbe tornare @e9d9c04b27fa5bc6ea900e4a24325a73:disqus a spron battuto, che del verbo avere accentato ne sta facendo una battaglia personale!
RispondiEliminaScusa, ero andata fuori tema, si parlava di ortografia,,, Sì, anche lì me la cavo benino, anche se le famose 5 " i" οι, ει, ι, υ, η mi danno da pensare soprattutto quando non sono desinenze ma si trovano nel corpo della parola, direi che si tratta del principale grattacapo ortografico nella lingua greca.
RispondiEliminaGuarda, per me meglio l'acca, che rimanda ad habere che l'accento, in ogni caso c'è bisogno di un segno distintivo rispetto alla preposizione semplice A, a quella articolata AI. Forse si potrebbe tralasciare su anno, meno confondibile con il sostantivo.... di anno in anno, qualche anno, - che problema anno?
RispondiElimina@Egiovanna:disqus dovevate mantenere l'etacismo :)
RispondiEliminaNo, non era un richiamo in tema, era solo per dire che la questione dell'accento straniero/autoctono è diversa.
Quelle 5 "i" suppongo siano tutte diverse?
A me danno problema soprattutto le nasali e le svariate "e", che hanno differenze più o meno sottili che non sempre apprezzo e riesco a riprodurre: "e", "er / es / et", "é", "è", "ê", "ai", "ei" "eu".
Una coppia che mi fa impazzire è "chevaux" "cheveux", non riesco a sentire la differenza, non c'è niente da fare. Fortunatamente il contesto aiuta :-)
Fino a una certa parte del 1900???
RispondiElimina"à" ed "ànno" erano sui miei libri di grammatica latina!!!!
E sia chiaro che saro` piu` giovane di @ValerianoB:disqus per tutta la vita!
@kumachanTokyo:disqus bravo, mi riferivo proprio a quello, studi fatti su persone bilingue.
RispondiEliminaIl punto è che anche l'approccio diverso. Il bambino è immerso da subito in un ambiente in cui si parla una lingua ben prima che la inizi a comprendere lui stesso (e in sostanza non ha alcun substarto linguistico preesistente) e va avanti per errori e tentativi quando si "costruisce" la lingua. Poi anni dopo va a scuola e comincia a formalizzare.
Gli adulti non seguono - né potrebbero seguire - questo approccio.
E si evidenziava anche la capacità starordianaria di mischiare completamente le due lingue senza fare confusione.
Quello che accade a noi con il dialetto, se ci pensate. Infatti in quel caso siamo dei perfetti bilingue!
ricordo che mi dissero (notare l'uso del passato remoto), ma non ricordo né chi né quando, che fossero invece problematici i bambini trilingue tipo figli di genitori con lingua madre diversa e residenti in un luogo con terza lingua.
RispondiEliminasi vede che il numero delle permutazioni possibili supera la capacità del cervello.
un aneddoto. un caro amico italiano sposato con moglie americana è rimasto a vivere molti anni negli USA dove hanno avuto due figlie. lui racconta che le figlie volevano essere sgridate nella lingua madre del genitore sgridante :)
domanda: tu @ValerianoB:disqus e tu @Egiovanna:disqus che ogni giorno siete effettivamente bilingue, in che lingua sognate? il mio inglese è solo una necessità lavorativa, quindi fuori dal lavoro difficilmente lo parlo, ma per voi è diverso.
Vero, teniamoci l'acca e non se ne parla più.
RispondiEliminaOttima osservazione Toto! La prima volta che ho sognato in greco, anzi mi sono svegliata urlando in greco, mi sono spaventata da morire ! ( e, tanto per stare al gioco, passato prossimo perché ricordo il fatto come se fosse ieri :))
RispondiEliminaHo pensato che stessi dimenticando la mia lingua... Sogno indifferentemente nelle due lingue, ai miei figli parlo di preferenza in italiano, con mio marito un fritto misto, se non trovo soddisfacente la frase in una lingua ricorro all’altra, il mio è un caso di bilinguismo consecutivo ( la seconda lingua si acquisisce stabilendosi in un paese di lingua diversa). I miei figli sono considerati
bilingui ideali.
Ti dirò di più, a Xanthi vive una minoranza musulmana composta da Pomachi, Turchi e rom.
I pomaks sono slavi musulmani, ( ma uno studio sel loro DNA ha evidenziato che la loro origine risale alle antiche tribù trace) parlano una varietà di bulgaro, il pomaco, che ha solo tradizione orale. I bambini pomachi frequentano la scuola per la minoranza dove apprendono greco e turco e imparano a leggere in arabo il Corano. Sono perfettamente trilingui.
http://en.wikipedia.org/wiki/Muslim_minority_of_Greece
Ecco due stupende pomache che mi hanno permesso di fotografarle e mi hanno invitato a mangiare riso e agnello ( festeggiavano l’ingresso di un bambino alla moschea, una specie di prima comunione)
@kumachanTokyo:disqus
RispondiEliminaSi scrive Schliemann, dove il dittongo "ie" si legge in tedesco come "i:" (i lunga) :-)))
Giusto per essere in-topic almeno qua.
In realta' lo avevo scritto giusto, poi da scemo sono andato a controllare su internet che ormai e' scritto solo da analfa(e)beti...
RispondiEliminaMai controllare su internet quello che si sa già :-)
RispondiEliminaPer la cronaca, visto che il post lo consente, scritto Sclemann si leggerebbe "schléman", mentre scritto Schliemann si legge "schliiìman". (sch=suono di sc in scena).
La lettura del tedesco si riesce a capire dalla scrittura :-)
E niente IPA.
Molto interessante quello che dici.
RispondiEliminaUn appunto (ma non correzione!) sul Corano. Il Corano va letto nella lingua in cui è scritto (quindi come leggere il Vecchio Testamento in ebraico - non greco, désolé - e il nuovo in aramaico).
E in un certo senso è giusto, perché così non si perdono e travisano significati nella traduzione.
Questo ha due effetti:
L'arabo classico è una lingua conosciuta da tutto il mondo mussulmano, e siccome quest'ultimo comprende la maggior parte dell'etnia araba funziona in pratica come una sorta di lingua franca per i paesi arabi. Bisogna sottilineare infatti che l'arabo "classico" è una lingua che non è parlata in nessun paese, dove esistono delle varianti locali (egiziano, siriano, libico, libanese, algerino, ecc..) e che non si capiscono fra loro. L'arabo "classico" ha il ruolo di lingua "internazionale" dei paesi arabi.
In secondo luogo, l'arabo risulta diffuso in paesi che a priori non si direbbe, perché deve essere studiato da tutti i mussulmani. Quindi, per esempio, nelle comunità mussulmane del sud-est asiatico!
Valentissimo e Pignolisssimo e Documentatissimo Amico non posso accettare assolutamente l'appunto, io parlavo di Vangeli e non del Vecchio Testamento. E i Vangeli, proprio non ci piove, ci sono pervenuti in greco.
RispondiEliminaIl Vecchio Testamento ci è pervenuto sì in ebraico, anche se i cattolici e gli ortodossi usano la versione dei Settanta ( versione greco-elllenistica del Testo masoretico) che prevede in più i Deuterocanonici, in greco.
Non mi hai detto se ti sono piaciute le ragazze pomache...
I
@kumachanTokyo:disqus , @Egiovanna:disqus
RispondiEliminaUna pagina con le 56(!) regole di pronuncia dell'inglese:
http://unico-lab.blogspot.fr/2013/01/lettere-suoni-e-lingue.html
L'autore (sicuramente in quanto anglosassone...) conclude che non è troppo male, ma a voi giudicare.
Troppe regolette, nessuna regola.
Egiovanna
RispondiEliminaSulla questione dell'originale del Nuovo Testamento, effettivamente vedo che gli studi moderni propendono più per un originale scritto direttamente in greco koiné, anche se probabilmente proveniente da tradizioni orali (o pensato) in aramaico, che era la lingua locale.
http://it.wikipedia.org/wiki/Nuovo_Testamento_in_aramaico
Che dire, in ogni campo bisogna seguire i progressi, senno' si rimane indietro :-)
E effettivamente, la versione base del vecchio è ormai quella dei settanta, m
Tra i neologismi più recenti, oltre a esodato, cine-pandoro, neo-montiano, è da segnalare bersanema, coniato da Umberto Eco per definire i detti di Bersani, scimmiottati poi dal comico Crozza, per cui è difficile distinguere gli uni dagli altri. Tali detti più che metafore sono esempi paradossali che indicano azioni perfettamente inutili, contrastano con il senso comune e perciò fanno ridere.
RispondiEliminasiam mica qui a fare la permanente ai cocker, ad asciugare gli scogli, a smacchiare i leopardi (o i giaguari), a spalmarci la brillantina sui peli del petto, a tagliar via i bordi ai toast, a cambiare gli infissi al Colosseo, a mettere i pannelli fotovoltaici alle lucciole, a pettinar le bambole, a rompere le noci a Cip e Ciop, a rimettere il dentifricio nel tubetto, a fare il parmigiano con il latte di soia, a innaffiare l'orto con la cedrata Tassoni, a far l'elemosina all'uranio impoverito, a spalmare l'Autan
sulle zanzare, a chiudere i buchi dell’Emmental, non è che a Lampedusa montiamo le tende per metterci le tedesche,
Di sicuro crozziani
siam mica qui a fare la ceretta allo Yeti”, siam mica qui a mettere i rayban ai girasoli, ragassi! siam mica qui a mettere il perizoma al toro da monta”. .. siam mica qui a togliere le occhiaie ai Panda , siam mica qui a mettere la crema da barba nei Ringo
L’articolo di Eco
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/il-senso-di-bersani-per-la-metafora/2196553
Bersani e Crozza, duetto a Italialand e altri "bersanemi"
http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=gVbXhm04egQ
"non stiamo qui a pettinar le bambole" è un tipico detto della tradizione romana di lunga data per indicare qualcosa di inutile.
RispondiEliminaSospetto che tutti quei modi dire vengano dalla stessa base (fra l'altro, il romanesco è molto colorito)
Probabilmente è impossibile catalogarli tutti, perché l'italiano (come lingua e come persona) ha la capacità spiccata di "inventare" espressioni al volo di cui tutti ne capiscono subito il significato senza problemi.
Poi si cominciano a ripetere e così via, fino ad entrare nell'uso comune.
"a far l'elemosina all'uranio impoverito", per esempio, mai sentita prima ma si capisce subito il senso.
Ho la sensazione che l'italiano sia una delle poche lingue a potersi permettere questa libertà, complice anche forse - come dicevo - una certa predisposizione culturale.
@Egiovanna:disqus
RispondiEliminaIl tuo accenno ai pomachi mi ha fatto venire in mente un'altra storia. Il fondamento magari è discutibile, ma a te (e a me in quanto appassionato di Μέγας Ἀλέξανδρος) dovrebbe fare un certo effetto.
le Kalash du Pakistan
(e per correttezza intellettuale questo, decisamente più sobrio:
Alexander the Great's long-lost Greek descendants in Pakistan?)
@valerianob cosa ne pensi della traduzione ufficiale in francese di hash tag?
RispondiEliminaHo dovuto cercare la notizia, perché non ne ero al corrente. D'altra parte è dell'altroieri...
RispondiEliminaDunque, il
Vocabulaire des télécommunications et de l'informatique, JORF n°0019 du 23 janvier 2013
page 1515
texte n° 103
propone ufficialmente il termine mot-dièse, la cui origine è chiaramente presa dal simboletto del #.
Le Grand Dictionnaire, della lingua francese in Quebec, registra il termine mot-clic
Da notare che il Quebec fa caso a parte con il francese, perché conserva parecchi termini non più usati nel vecchio continente. Per esempio usa "fin-de-semaine" dove qui si usa ormai ovunque week-end.
Hashtag continuerà sicuramente ad essere usato e come capita con molti termini informatici ci sarà una convivenza dei due (per esempio courriel a fianco del più classico e-mail), ed è sicuramente referenziato dalla wiki francese: hashtag.
E' vero che i francesi traducono termini molto più degli italiani (esterofili sfegatati, al contrario), ultimo per tutti l'impossibile e improbabile "informatique en nuage" per "cloud computing" ma ci sono anche molti termini rimasti in inglese o almeno affiancati.
Personalmente, sono per una buona traduzione dei termini (cosi' la lingua evolve) senza pero' raggiungere i livelli ridicoli che a volte si vedono.(*) In questo caso preferisco mot-clic, più facile, più immediato e perché no anche più "moderno".
Inglese, intendo inglese francesizzato, perché ti giuro che capirli quando dicono qualcosa in inglese non è facile!
(*) al contrario, pero', sono contro la traduzione dei termini geografici stranieri. London si chiama London e non Londra.
toto
RispondiEliminaAggiungo: entrambi sono stati coniati sulla base di mot-clé, "parola chiave"(*), parola francese perfettamente legittima
(*) che non è password, che si dice mot de pass. E' nel senso di "keywords", sia in un documento che in un motore di ricerca.
@toto_unicolab:disqus
RispondiEliminaAggiungo: entrambi sono stati coniati sulla base di mot-clé, "parola chiave"(*), parola francese perfettamente legittima
(*) che non è password, che si dice mot de passe. E' nel senso di "keywords", sia in un documento che in un motore di ricerca.
Sì, conosco il tema, ho anche visto un bel documentario sui Kalash. Sarebbe molto suggestivo sostenere una relazione con i Greci de nombreux Grecs modernes cherchant à retrouver le contact avec leur héritage préchrétien se sont sentis attirés par cette région et son peuple. Verissimo, sono quelli che vedono la grecità dappertutto, nazionalisti ortodossi tipo il padre del film “Il mio grosso grassomatrimonio greco”, es. gli Apaches deriva da apaki ( άπαχοι) , magri, perché quando i Greci sono sbarcati in America erano ridotti pelle e ossa, oppure il kimono deriva da Χειμώνας, inverno, e d’inverno bisogna appunto coprirsi . Per non parlare di gruppi nazionalisti mistici che circolano su territorio ellenico e che elaborano teorie del complotto o sostengono che i Greci antichi erano extraterrestri ecc. come il Gruppo Epsilon o il Terzo occhio
RispondiEliminagiusto per farti un'idea
https://sites.google.com/site/programmeepsilonproject/greek-epsilon-team
Tornando ai Kalash , leggo che gli studi più recenti tendono ad escludere qualsiasi relazione di questa singolare etnia con popolazioni europee (tra l’altro non ci ho capito un picchio
tra aplogruppi e alleli)
Studi genetici , alla voce “Origini genetiche”
http://en.wikipedia.org/wiki/Kalash_people
Many locals and scholars consider that the tribes of the region, including the Kalash, are all related as the "Nuristani" ethnic group of Nuristan province.. i Kalash sono politeisti, mentre i Nuristani dell’Afghanista, mussulmani. Mi è venuta in mente Sharbat Gula , la ragazza del National Geographic
http://farm5.static.flickr.com/4058/4309229580_651ed7e8ac_o.jpg
Invece per quanto riguarda i pomachi , come ti riferivo nel mio precedente post, sembra geneticamente certa l’appartenenza alla tribù tracia degli Agrianes, che seguirono Alessandro nelle sue conquiste.
http://it.wikipedia.org/wiki/Agriani
Aggiungo che fino a una ventina di anni fa i Pomachi si sposavano esclusivamente tra loro, poi è arrivata la direttiva da Ankara, promuovere i matrimoni dei turchi con ipomachi, allo scopo di assorbirli nella minoranza turca.
N.B
Una chicca per te
a proposito di Alessandro, pare che la leggendaria caratteristica fisica degli occhi diversi,
uno nero e l’altro azzurro descritta nel famoso Romanzo di Alessandro sia da interpretare in chiave simbolica, lui insomma rappresentava l’uomo cosmico, mito presente in molte tradizioni, il suo corpo l’universo e i suoi occhi il sole e la luna, chiaro –scuro, giorno-notte
. ( analisi eruditissima , a pag. 303 “ Gli occhi di Alessandro” )
http://www.academia.edu/1019797/Alessandro_Magno_e_lIndia._Storico_intreccio_di_miti_e_di_simboli
comunque sia, il poemetto “Alexandros” continuerà ad essere per me una delle prove
migliori del Pascoli.
Ciao
@Egiovanna:disqus
RispondiEliminaInvece per quanto riguarda i pomachi , come ti riferivo nel mio
precedente post, sembra geneticamente certa l’appartenenza alla tribù
tracia degli Agrianes
E se hanno mantenuto lo stesso spirito, meglio stare alla larga :-))
Questa dei Canadesi piu` francesi dei Francesi me l`aveva racontata un amico (francese) lasciandomi stupefatto.
RispondiEliminaMi aveva fatto l`esempio di "web" in Francia e presumo "toile" in Canada.
Quando ho avuto la canadese tra le mani ehm... braccia, ho chiesto conferma :)
Adoro entrare in contatto con nuove lingue.
@kumachanTokyo:disqus
RispondiEliminaehm... tralasciando l'ultima frase :-)
In effetti in Canada (in particolare in Quebec) ci sono due tendenze:
- Essendosi separati geograficamente dai Francesi parecchio tempo fa (intorno alla metà del 1700, quando sono diventati inglesi) la lingua non ha seguito perfettamente l'evoluzione che ha avuto quella ufficiale francese. Quindi sono rimaste diverse parole cadute in disuso in Francia. Per esempio char, che qui indica prettamente il carro, là indica l'automobile. Capisci l'effetto che puo' fare. Un po' come se noi la chiamassimo "la carretta" (e non in senso ironico, ma proprio come denominazione).
- Essendo la comunità francofona molto ridotta e pressata da quella inglese, hanno sviluppato una sorta di controreazione e quindi spingono i francesismi all'esasperazione. Da qui nascono cose come "fin de semaine", mentre in Francia metropolitana si usa tranquillamente "week-end".
Ovviamente, francesi e canadesi si comprendono perfettamente, e la cosa si riduce a uno stranissimo accento dei canadesi e a dei modi di dire che risultano molto buffi qui da noi.
NOOOO, l`inglese ha zero regole per la pronuncia!
RispondiEliminaDue esempi, sempre dei tempi Erasmus, [e che gli studenti non rompano che vogliono il biglietto gratis per votare! Che quando sono all`estero non pensano certo a salvare il paese dai soliti politici] in cui una volta eravamo in 8 a chiaccherare, un inglese e gli altri da Italia/Spagna fino ai paesi scandinavi, risultato: ogni tanto l`inglese non capiva un tubo di quello che dicevamo mentre noi ci capivamo tra di noi.
Evidentemente ogni tanto partivano le pronunce "solo per inglesi" e non essendo compatibili con quelle "presumibilmente standard" l`inglese andava in "out of memory error".
Altro giro altra corsa, come sapete ISLAND si pronuncia AILAN, ma se siete a Londra [London per @ValerianoB:disqus e Londinium per chi voglia] e nella TUBE chiedete [alla stazione precedente ISLAND GARDENDS] dopo quante stazioni sia AILAN GAADNS [mi raccomando un bell`accendo posh] non vi sanno rispondere fino a che non chiedete dove sia ISLAND GAADNS!!!
Il CAPO direbbe STICAZZI, io gli dico: LI MORTACCI LORO.
P.S. Stavo dimenticando il mio primo choccante contatto con l`Inghilterra: atterraggio a Newcastle (ad uno sputo dalla Scozia quindi), entro in taxi e chiedo di andare a Sunderland che ho pronunciato SANDERLAN.
Cazzarola, dall`aeroporto di Newcastle o si va a Newcastle o si va Sunderland, salvo paesettini.
Al primo tentativo non capisce, al secondo, terzo e quarto idem, al quinto si illumina e mi dice: "Aaah, sUnderlan mAn".
Li` le A ed U sono A ed U: mAn, bUs, bUt.
La mia idea per renderlo e` "pensate ad un bel bergamasco stretto".
Riesci a "rendere" piu` che a citare qualche esempio?
RispondiEliminaCapisco che sia come fare notare la differenza di accento tra Napoli e Caserta ad un cinese, ma provaci :)
E comunque mi piace l`inglese-canadese che e` "normale" e non ha in bocca quei 12 chewing-gum che hanno un bel po` di USA.
Una storia simile che mi ha tanto stupito quanto intenerito [difficile trovare la descrizione corretta del sentimento :) ] e` stato quando ho scoperto di un paesino sperduto in Brasile in cui si parla un dialetto bellunese.
Stavo cercando rapidamente ora, ma ho trovato solo che prima di una forte "nazionalizzazione" si parlava il TALIAN che era principalmente veneto in generale. Mentre Nel caso che non ho trovato era proprio un bellunese particolare rimasto integro per un paio di secoletti.
un mio caro amico, nonché ex collega di nome Alessandro ha occhi di colore diverso!
RispondiEliminamitico Newclaste! Ci sono atterrato anch'io una volta (secondo mio viaggio sull'isola) e ti confermo che tutte le sere andavamo al pub, ma proprio pub.
RispondiEliminaPerò io sono stato più fortunato con il primo incontro, perché dopo il tratto in treno dall'aeroporto, ho chiamato un taxi e la persona che mi ha risposto aveva uno spiccato accento napoletano che ha semplificato di molto la comunicazione.
un po' lo stesso destino che ha seguito lo spagnolo dell'America latina rispetto al castigliano. un esempio è l'uso di carro e coche per indicare l'automobile dei due continenti.
RispondiEliminanel mio gruppo (spagnolo) c'è anche un argentino e ogni tanto ci sono questi scambi culturali.
@kumachanTokyo:disqus
RispondiEliminaPurtroppo non posso, perché non conosco il quebecoise e non ho una conoscenza così approfondita del francese per fare queste differenze (perché deve essere bella approfondita). Appena comincio a distinguere gli accenti autoctoni, dopo quelli stranieri.
Fra Napoli periferia e Vomero potrei quasi riuscire a spiegartelo, ma perché sono nato là e posso io stesso apprezzare le minime sfumature :-)
La storia del bellunese è curiosa e interessante, dovendo spiegarla su due piedi direi degli emigrati che hanno conservato la loro lingua (dialetto) e tramandato, così dopo un certo periodo di tempo ti trovi con questo effetto. Molto interessanti queste cose.
Poco tempo fa ho scoperto anche che in Sud America ci sono "sacche" che parlano tedesco. Fa strano, ma a ben riflettere ha una sua logica...
E' lui reincarnato!!!!
RispondiEliminaΧαίρε, ο Μέγας Αλέξανδρος!!!
:-)
(P.S. anche una mia compagna di liceo aveva gli occhi di colore diverso: uno marrone o uno verde)
Ma infatti in fin dei conti è normale. Una base comune e poi la separazione fa il resto.
RispondiEliminaIl classico esempio è proprio l''inglese UK e USA. Non so se sapete la storia del giallo di Agatha Christie, che in originale UK si chiamava "ten little niggers". Solo che negli USA niggers suona dispregiativo (cosa che in UK non era), quindi fu costretta a cambiare titolo, prima in "and then there where none" ("e alla fine non rimase nessuno") e poi in "ten little indians" ("Dieci piccoli indiani"), titolo con cui è più conosciuto in Italia.
Allora chiedi conferma per favore: uno spagnolo mi aveva detto che l`argentino e` uno spagnolo con accento italiano :)
RispondiEliminaE questa me ne ricorda un`altra.
RispondiEliminaSempre mentre ero li`una mia amica mi ha racontato di aver incontrato una famiglia col padre italiano DOC e mamma inglese SUPER DOC, solo che i bimbi adorano talmente il padre che, nonostante siano in Inghilterra il 100% del tempo, parlano con un forte accento italiano :)
Nomina?
RispondiEliminaNomea di rompiballe della pronuncia?
Che i francesi non rompano visto che, PUFFETTA ESCLUSA, non mettono un solo accento al posto giusto :)
Non credo me lo confermerebbe visto che lui è argentino con padre spagnolo :)
RispondiEliminaVista la quantità di immigrati, non mi sorprende :-)
RispondiElimina@kumachanTokyo:disqus
RispondiEliminano, di far finta di non capire se non parli bene.
E io gli accenti li metto al posto giusto :-)
@kumachanTokyo:disqus
RispondiEliminaquesta rasenta l'incredibile! Non che non ti creda, beninteso, ma è veramente molto curioso!
Infatti non devi chiederlo a lui ma a Diego Modesto Bricio De la Fuentes Y La Tortillas.
RispondiEliminaTranquillo che lo sa.
BTW e` ancora al JRC?
Curioso, vero e bellissimo :)
RispondiEliminaMa a quest`ora sono gia` passati per la puberta` ed il parziale adeguamento al "gruppo".
E non tanto strano se ci pensi, ad esempio una volta il mio fratellino e` rimasto sconvolto la prima volta il suo pargoletto ai giardini [diciamo di Villa Pamphili] ha parlato con un compagno di classe che ha incontrato li` ed e` passato istantaneamente da un italiano neutro-nordico ad un RRROMANODEROMA che non gli aveva MAI sentito usare.
Certo che c'è. Ha cambiato capo e turno, ma lui c'è.
RispondiEliminacurioso, ma esistono inflessioni dialettali talmente forti che si acquisiscono quasi subito.
RispondiEliminaIo tendo a prendere rapidamente (2-3 giorni) l'inflessione del posto, e quanso sono stato a Milano, dopo qualche giorno mi dovevo sforzare perché mi rendevo conto che sarebbesuonato ridicolo per loro :-)
A proposito: a Roma si raddopiano tutte le consonanti tranne la "R", perché "la R di Roma non si può sprecare". Quindi ROMANODDEROMA :-)))
@kumachanTokyo:disqus
RispondiEliminaVedo ora questa risposta...
La prima non esiste! Cioé, quella parola, attaccata, si legge come in 2]. Ma se non sai a priori come leggere (chi ti dice a priori che la 1] è sempre staccata, se non l'hai già visto/detto qualcuno?), allora non hai alcun appiglio per la lettura.
Vale, mi confermi che in russo non esiste il verbo "venire"?
RispondiEliminaSto dando lezioni di italiano ad un ragazzo ucraino emigrato all'età di 12 anni in Grecia, ora ne ha venti, ha finito il liceo greco ( con ottimi risultati) e si prepara a venire in Italia a frequentare l'accademia marina mercantile di Napoli ( vuole diventare capitano). Ebbene il ragazzo ha grandi difficoltà a capire la differenza tra andare e venire. Gli faccio notare "come diresti questa frase in greco? beh è la stessa cosa, in italiano si usano andare e venire esattamente nello stesso modo" . Bene, mi dice la frase in greco, ma anche quella sbagliata. Insomma per lui Perché non vieni con me ? / Perché non vai con me ?suonano lo stesso bene. Sospettando allora che fosse ancora fortemente influenzato dal russo, la sua lingua madre, ho fatto una ricerchina: effettivamente nei verbi di moto succede un casino, su andare ho trovato molta roba, andare non è generico, bisogna usare un verbo diverso per ogni mezzo di trasporto. Ma su VENIRE non trovo niente.
PS
La mamma pensa un po' si chiama Giulia , lui Egor, mi ha chiesto lui di scriverlo così e di pronunciarlo Jegor.