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2 marzo 2010

Quella che fu storia moderna

Correva l'anno 37 a.G. equivalente al 1961 d.C. secondo la numerazione del tempo quando questa conoscenza umana venne impressa su un manufatto del legno noto con il nome di carta. Sembra che nell'epoca avanti Google fosse molto comune utilizzare questo antiquato e alquanto costoso metodo di conservazione della conoscenza che non prevedeva alcuna forma di indicizzazione e tanto meno di ricerca rapida. E' ancora avvolto dal mistero come l'umanità primitiva potesse realizzare amplificatori di segnale di così elevata purezza senza sfruttare le oscillazioni dei neutrini. Altra nota curiosa è la presenza del marchio RCA (Radio Corporation of America) il che spinge a pensare che all'epoca esistevano numerose fabbriche, teoria che si scontra con l'attuale unicopolista Google che tutto possiede, presiede e che a tutti da da lavorare.

Così inizierebbe questo post se a scriverlo fossero i miei discendenti in un anno imprecisato intorno al 2100 quando tutto sarà diverso da oggi. Come mi piacerebbe essere Isaac Asimov e avere la sua visione chiara e precisa del futuro, almeno a livello letterario.  A scatenare questa mia pulsione è stato il lavoro che stiamo portando a termine in questi giorni, ovvero la sistemazione di un laboratorio di elettronica che per anni ha ospitato un collega ora in pensione e che ha accumulato diverse generazioni di dispositivi elettronici di cui molti al giorno d'oggi sono decisamente obsoleti.



Aprendo un armadio, abbiamo trovato un'intera collezione di volumi di documentazione di componenti elettronici. Per quelli come me che sono professionalmente nati e cresciuti nell'era di Google, l'idea di avere uno scaffale con libri su libri con datasheet, grafici e numeri, è assolutamente fuori luogo: se ho bisogno di un qualche documento lo chiedo a google che mi indica il pdf più vicino a me e dopo aver letto quello che mi interessa chiudo il file e tutto finisce lì. A stupire ancora di più è il modo in cui questi libri erano prodotti: pagine sottili come quelle di un breviario, copertina nera serissima come si addice ad un ingegnere, il profumo tipico della carta che per molto tempo non è stata sfogliata. E' facile capire perché il collega ora in pensione non ha mai avuto il coraggio di liberarsene e quale fosse il senso di inadeguatezza che abbiamo provato quando ieri li abbiamo buttati tutti nella carta da macero. Ne ho tenuti due volumi, perché magari un giorno un mio pro-nipote potrà terminare il post che io ho cominciato

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