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2 luglio 2012

Contrarre e dilatare

Eccoci ritrovati con questa seconda puntata (leggi la prima puntata). Oggi vedremo come è possibile giustificare la contrazione delle lunghezze e la dilatazione dei tempi in maniera strutturale, per farlo ci serve introdurre un po' di formalismo, ovvero formule e per chi ne è allergico potrebbe essere difficile da sopportare. Nel riquadro blu qui sotto, trovate la base matematica, diciamo per esperti e coraggiosi, gli altri, almeno per la prima lettura, possono saltare oltre.



Consideriamo un sistema di riferimento centrato su una sorgente luminosa. I raggi di luce sono rappresentati da linee di universo a 45°, mentre il quadrintervallo di un evento (un evento in questo contesto è un punto dello spaziotempo) è dato da ed è un invariante in tutti i sistemi di riferimento. Questa forma quadratica rappresenta geometricamente un'iperbole equilatera, che è quindi anch'essa un invariante. Questo sistema di riferimento prende il nome di sistema fondamentale e le iperboli, chiamate curve di calibrazione, rappresentano in effetti il modo in cui variano le unità di misura.


Bisogna però fare attenzione al fatto che questa è un'iperbole molto particolare. In geometria euclidea, l'iperbole è definita come il luogo geometrico dei punti del piano in cui è costante il valore assoluto della differenza delle distanze da due punti fissi detti fuochi. Questo implica che la distanza dall'origine dei punti dell'iperbole non è invece una costante. Nella metrica di Minkowski, grazie al segno meno, questa iperbole rappresenta proprio i punti del piano per cui la distanza dall'origine (in senso minkowskiano) è costante, il che significa che la distanza puramente euclidea di questi punti resta equidistante dall'origine. Mentre infatti la distanza nella geometria euclidea è definita da , quella nello spazio di Minkowski è definita dalla relazione , che è proprio il quadrintervallo invariante lungo l'iperbole. Si tratta in questo caso della distanza fra due eventi spaziotemporali, gli unici che hanno senso in relatività, mentre la distanza spaziale nello spazio di Minkowski è data sempre dalla forma euclidea . Questa precisazione permette di capire come si originano la contrazione delle lunghezze e la dilatazione dei tempi.


Consideriamo la figura:


Supponiamo di avere un regolo lungo in un sistema in quiete K. La linea di universo di questo regolo è espressa dalla banda grigia nella figura di sinistra compresa fra i due estremi O e A fermi. Consideriamo ora un sistema in moto K', il cui asse x' è indicato in figura e l'intersezione con l'iperbole invariante è indicata con A'. Ora, siccome i due punti giacciono sulla stessa iperbole (ovvero per il fatto che il quadrintervallo è invariante), la distanza nel sistema K è uguale alla distanza nel sistema K'. Ma nel sistema in moto K' l'estremo del regolo è ancora P' (intersezione dell'asse delle ascisse x' con la linea di universo di P) e questa distanza , ovvero nel sistema in moto il regolo appare più corto rispetto al sistema in quiete.


Il ragionamento è perfettamente invertibile come si vede dalla seconda figura. In questo caso, il regolo è in quiete nel sistema in moto K' e la sua linea di universo è dato dalla striscia inclinata in grigio, dove l'inclinazione dipende dalla velocità. Il regolo in questo sistema è lungo . Questa lunghezza corrisponde al segmento nel sistema in quiete K, ma la lunghezza del regolo in K è data dal segmento , quindi anche nel sistema in quiete il regolo in moto appare più corto.


Possiamo costruire un approccio simile per mostrare come si origina la dilatazione dei tempi. Consideriamo la figura:


Consideriamo la prima figura e supponiamo di avere un orologio solidale con il sistema K in quiete e che misuri un intervallo di tempo . Il punto B è un punto dell'iperbole invariante, per cui per un sistema K' in moto rispetto a K l'istante B corrispondente a B', ovvero l'intervallo è visto come . Ma in K' l'evento simultaneo a B è dato dall'evento in P'. Essendo ne risulta che l'orologio in K' ritarda rispetto a quello in K'. Quando l'osservatore in K' misura B', l'evento P' ancora non si è verificato e quindi misura un tempo dilatato rispetto a K.


Ancora una volta il discorso è invertibile. Supponiamo un orologio solidale con il sistema K', dove misura un intervallo . Questo intervallo sarà lungo per un osservatore in K, ma per questo osservatore l'evento simultaneo con B' è P. Quindi l'intervallo e quindi l'orologio in K ritarda rispetto a quello in K'. Quando l'osservatore in K misura B, l'evento P ancora non si è verificato e quindi sperimenta anche lui un tempo dilatato rispetto a K'


Dovrebbe essere chiaro ormai che questi fenomeni relativistici sono originati dal fatto che una misura effettuata in K trasforma lungo l'iperbole dettata dal quadrintervallo e rappresenta come questa misura è vista in un sistema K', ma questo evento non è simultaneo con quello di partenza, che appare precedere (per misure spaziali) o seguire (per misure temporali) l'evento in K.


Questi effetti derivano dall'ipotesi fondamentale della relatività ristretta: il fatto che la velocità della luce è finita e la stessa in tutti i sistemi di riferimento.


Una conseguenza della finitezza della velocità della luce è che il tempo si dilata, se non ci credete, guardate la figura qui sotto.



Supponiamo due osservatori distanti l l'uno dall'altro. Nel caso a sinistra l'osservatore in quiete misura la distanza l=1/2 ct, perché in realtà misura il tempo di andata e ritorno di un segnale luminoso. Nel caso invece l'orologio sia in moto, la maggiore lunghezza percorsa dai raggi di luce deve necessariamente essere compensata, dal punto di vista dell'oservatore in moto, da un rallentamento opportuno del tempo.

Come si vede, la relatività distrugge la nozione di contemporaneità (quello che tecnicamente chiamiamo simultaneità degli eventi) così come la si intende normalmente. Questo è una conseguenza diretta della finitezza della velocità della luce, in quanto quello che percepiamo come "qui" e "ora" è in realtà composto da informazioni che arrivano tanto più dal passato quanto più si guarda lontano. L'esperienza comune però, contrariamente a quello che afferma la relatività, identifica come simultanei tutti questi eventi a distanza. Siccome è proprio questa intuizione comune che genera quelli che chiamiamo paradossi, è importante anche spiegare come questa "intuizione" nasce e stabilire quindi perchè la versione relativistica della simultaneità e quella percepita appaiono contraddittorie. Questa spiegazione si basa su due fattori: il fatto che la velocità della luce è molto superiore alla velocità di propagazione degli altri segnali fisici e dalla limitazione del sistema nervoso umano di discriminare due eventi vicini nel tempo. Questo limite del sistema nervoso si posiziona a circa 1/100 di secondo, cioé al di sotto di questo limite il sistema nervoso non riesce a individuare due eventi come temporalmente distinti. La luce in questo intervallo di tempo percorre circa 3000 km, quindi un essere umano non può fare altro che considerare ogni evento che si verifica all'interno di questo raggio come perfettamente simultaneo. Questa sfera comprende agevolmente ogni evento che possa influenzare in pratica il nostro comportamento "qui", e pertanto l'evoluzione ha portato l'essere umano ad identificare quello che "vede in questo momento" con quello che "è reale in questo momento". Inoltre, nel limite di 1/100 di secondo la luce può viaggiare diverse volte fra l'osservatore e l'ambiente a lui circostante, fattore che contribuisce alla stabilità della percezione sensoriale e che tende quindi ancora una volta a consolidare l'identificazione del "vedo ora" con l'"esiste ora".

Questo discorso preliminare serve per mettere guardia dal fatto che l'intuito spesso porta ad applicare la teoria della relatività in maniera scorretta, in particolare quando non si tiene bene conto del ruolo della relatività della simultaneità anche nelle misure di spazio, dove è meno evidente. I cosiddetti paradossi si originano infatti in genere quando in un contesto relativistico si introduce erroneamente il concetto di tempo assoluto, sia assumendo implicitamente un sistema di riferimento privilegiato, sia implicitamente non tenendo conto della relatività della simultaneità, che è poi proprio il concetto centrale della teoria.

Siamo ormai in grado di affrontare correttamente i due paradossi citati nella prima parte di questa serie di articoli! La settimana prossima discuteremo del paradosso dello sciatore.

Leggi la prossima puntata...

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4 commenti:

  1. Ok, ho seguito il tuo consiglio e , saltando il pittoresco riquadro, riesco più o meno a seguirti
    E
    Molti storici dell’arte hanno ipotizzato che in qualche modo la relatività abbia influenzato il cubismo, ma nessuno di essi ha mai ritenuto che tra di essi esistesse un legame diretto. In effetti si è sempre pensato che gli ispiratori di Picasso fossero stati Cezanne e l’arte primitiva africana. Miller invece considera il cubismo come un “programma di ricerca” con il quale Picasso, allo stesso modo di Einstein, creò una nuova estetica, la riduzione delle forme a raffigurazioni geometriche. Ciò implicava la rappresentazione simultanea, sulla stessa tela, di molti punti d’osservazione differenti. Questa idea ha spinto lo studioso americano a studiare maggiormente l’argomento e a sostenere la tesi che, sebbene Einstein e Picasso fossero sconosciuti l’uno all’altro, il movimento d’avanguardia nella prima decade del Novecento li incoraggiò a mettere in discussione nello stesso momento la tradizionale concezione dello spazio e del tempo. Entrambi, tra il 1905 e il 1906, scoprirono il concetto di relatività.

    http://www.storiadelleimmagini.it/2011/03/einstein-picasso-relativita-cubismo-poincare-miller/

    RispondiElimina
  2. Peccato, perché nel riquadro c'è veramente la parte più bella della
    relatività, che ti fa capire come tutto dipenda realmente dal "punto di
    vista" dell'osservatore ;-)

    Attenta, la settimana prossima un po' di geometria ti tocca per forza!



    Interessante l'articolo, probabilmente ipotizzare un legame cosi'
    stretto è esagerato, ma certo non sono in posizione da criticare. Quello
    che è sicuro è che nel periodo fra gli ultimi anni dell'800 e gli anni
    10-20, uno dei più belli per la fisica a mio parere, il mondo era
    davvero in fermento. Si aprivano molte strade, nella fisica, nella
    tecnica, nell'ingegneria e in tanti aspetti intellettuali della cultura
    eurpoea. Si scoprivano "fenomeni strani" in fisica e si cercava di dare
    un quadro intellettuale soddisfacente al tutto, con grandi sforzi. La
    tecnica si sforzava di tradurre in pratica queste nozioni (l'aereo,
    l'automobile, il telegrafo, la radio...), e questo se non al cubismo ha
    sicuramente dato origine al futurismo, un movimento che a ben vedere
    vale più di quello che sembra a prima vista.

    RispondiElimina
  3. Che posso fare Vale, peccato sì, purtroppo è tardi per rimediare..sigh!.
    A me sono sempre piaciuti IMMENSAMENTE sia i cubisti che i futuristi , ma mi piace anche Mondrian e il diametralmente opposto Dalì, mentre non mi dicono assolutamente nulla le tanto incensate bottiglie di Morandi.

    RispondiElimina
  4. Morandi non conosco, ma Dalì è un vero folle e questo lo rende a tratti affascinante.

    RispondiElimina

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